By |Categorie: Investimento|Pubblicato il: 7 Gennaio, 2015|

Supponete di conoscere il futuro e di sapere già che negli anni a venire i tassi di interesse saliranno.

Cosa fate con i vostri investimenti obbligazionari? Fuggite perché date per scontata una perdita sul capitale? Vi rifugiate nell’azionario (se avete alta propensione al rischio) o nel monetario (se ne avete poca)?

Non fate sciocchezze e come sempre la verità sta nel mezzo. Il buon senso può darvi una mano a sbrogliare la matassa.

Fortunatamente la lunga storia della finanza americana contempla già una casistica numerica in grado di farci capire cosa potrebbe succedere ai nostri investimenti in futuro se lo scenario di rialzo dei tassi si dovesse verificare realmente.

Nel 1950 infatti i tassi decennali americani stazionavano sui livelli attuali (a dire il vero lo stavano facendo già da parecchi anni e questa è una possibilità che in pochi contemplano, chissà perché…). Poi lentamente cominciarono a virare verso l’altro anticipando anche il rialzo nei tassi di interesse ufficiali (i Fed Funds) che nel 1958 erano ancora inferiori al 1%. La parabola ascendente dei tassi decennali proseguì fino al 1981 quando i Fed Funds toccarono un picco del 19%. Quello fu l’anno in cui cominciò ufficialmente il bear market sui rendimenti decennali americani che arriva fino ai giorni nostri.

Impressionante il balzo dei rendimenti che in questo arco temporale avrebbe dovuto massacrare i portafogli obbligazionari. Niente di più sbagliato!

Guardate la tabella successiva.

ritorno bond usa 1950-1981

Fonte: Robert Shiller e Damodaran NYU

Già qui c’è un primo elemento di valutazione importante per il futuro dei i nostri investimenti obbligazionari.

Se i tassi a lunga scadenza si muoveranno verso l’alto in modo regolare e non troppo rapido non bisognerà preoccuparsi dei ritorni negativi, saranno i flussi cedolari a compensare le perdite derivanti dal movimento dei prezzi.

La tabella infatti mostra come dal 1950 al 1981 il rendimento annuo di un investimento su un titolo di stato decennale americano è stato del 2,80%, non eccezionale, ma nemmeno così devastante come tanti analisti e gestori vorrebbero farvi credere pur di spostare la vostra attenzione su altri prodotti.

Come abbiamo indicato “Soluzioni di investimento in un ambiente con bassi tassi di interesse”, questa performance annua non è poi così tanto lontana da quella che dovrebbe essere l’aspettativa media di un investitore obbligazionario per la prossima decade.

Gli anni di ritorno annuo negativo nel periodo 1950-1981 furono appena 9 per una media del -2,02%; l’anno più nero per l’obbligazionario, quello del 1969, bruciò il 5%, una perdita però pari ad un quarto di un bear market tecnico azionario.

L’azionario americano nello stesso arco temporale salì del 10% medio annuo, ma non mancarono le annate negative, nove per la precisione e che riportiamo nella tabella che segue.

Come si vede chiaramente nelle annate di segno meno sull’azionario a salvare il portafoglio dell’investitore ci pensò sempre l’obbligazionario, tranne quel dannato 1969 che rappresentò un anno veramente difficile per la finanza americana.

equity 1950-1981

Fonte: Robert Shiller e Damodaran NYU

Il vero nemico dell’investitore obbligazionario in questo periodo non fu quindi il rialzo dei tassi, ma l’inflazione ed è forse questo il concetto chiave su cui bisognerebbe ragionare.

Occhio alla la tabella seguente.

ritorno real bond usa 1950-1981

Fonte: Robert Shiller e Damodaran NYU

Il tasso di inflazione medio in America tra il 1950 e il 1981 fu del 4,2%, un livello superiore al rendimento annuo di un investimento obbligazionario in Treasury decennale.

Questo portò ad un’erosione totale del rendimento con un ulteriore zavorra di 1,4% all’anno. Alla fine del 1981 l’investitore obbligazionario si ritrovò con un capitale in termini reali più basso di oltre il 36%.

Diversi quindi i concetti che possiamo estrapolare da quest’analisi.

Indipendentemente dal futuro dei tassi (che nessuno conosce), non bisogna preoccuparsi troppo dell’andamento del mercato obbligazionario in quanto lo stesso continuerà a rivestire una fondamentale importanza all’interno di un portafoglio ben diversificato.

Una fuga dai bond non significa evitare perdite sull’equity, anzi potrebbe amplificarle per la mancanza di un cuscinetto protettivo in grado di rendere efficiente il portafoglio di investimento.

Il vero nemico per bond è l’inflazione (che nessuno conosce nel suo futuro andamento) che potrebbe azzerare (se non far diminuire) il valore nominale del capitale investito in obbligazioni.

L’investimento obbligazionario va perciò ripensato in termini di aspettative (impensabile attendersi il 5-6% annuo degli ultimi 30 anni), ma non va assolutamente demonizzato.

Buon investimento.

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