Prendo spunto da un’interessante analisi di mercato di SigFig su un campione di clienti americani, per riassumere alcuni concetti già espressi sul blog, ma soprattutto per ribadire come certi comportamenti non hanno confini, fanno parte della mente umana e basta.
Il sondaggio ha evidenziato come sul campione di circa 250 mila investitori, un terzo di questi ha avuto rendimento pari a zero o inferiore di zero. Questo fattore ha zavorrato il risultato finale dell’investitore private il quale è riuscito ad ottenere solamente il 4,2% in un annata in cui lo S&P500 ha ritornato il 13,6% e un classico portafoglio 60% azioni 40% bond il 10,6%.
Proprio la voglia spasmodica di voler battere il mercato è stata una delle cause che ha determinato questo risultato deludente.
Che si tratti di overtrading o di costi eccessivi pagati ad un gestore è evidente che ogni stagione ci troviamo a parlare di cause che portano alle sottoperformances, cause che ogni anno si ripetono sistematicamente. Come già scritto qui è in nostro potere controllare solo alcuni fattori/comportamenti di investimento, non il mercato.
Affidarsi a fondi a gestione attiva americani o anche europei non è ovviamente la soluzione migliore per risolvere il problema. Sappiamo bene che i costi rappresentano un fattore determinante nel deludente andamento dei fondi i quali anche nel 2014 hanno deluso tremendamente le attese degli investitori europei che volevano ottenere numeri sopra la media. Recentemente S&P Dow Indices ha pubblicato il dato annuale relativo ai fondi europei ed i risultati sono stati disarmanti. Solo guardando ai gestori impegnato sull’azionario europeo 8 su 10 sono stati battuti dal benchmark e addirittura 9 su 10 se guardiamo all’azionario americano ed internazionale.
L’eccesso di trading può essere una delle cause che hanno portato i gestori a questo deludente 2014, ma lo stesso investitore privato dovrebbe farsi un esame di coscienza. E’ stato stimato che un portafoglio oggetto di un completo turnover (ovvero vendo tutto e ricompro) vede diminuire il suo rendimento di 50 punti base (0,50%) probabilmente per l’effetto combinato di costi di trading e timing non sempre perfetti.
Giusto per farvi capire con un esempio concreto di cosa parliamo supponete di risparmiare 500 euro al mese (6 mila l’anno) per 30 anni con un rendimento medio del 5%. Alla fine il vostro montante sarà di 418 mila euro, ma se decurtate il rendimento di 50 punti base (ovvero diventa 4,5%) vi ritroverete con 382 mila euro, 36 mila euro lasciati sul campo per il cosiddetto overtrading; se ci pensate bene sono più di 1000 euro all’anno!
Sono però altri i particolari interessanti che emergono dall’indagine. Ad esempio risulta che 6 investitori su 10 hanno più del 10% del portafoglio concentrato su un azione ed il 15% di essi ha più della metà del portafoglio concentrato su due azioni. Ad onor del vero questa statistica risulta “sporcata” dal fatto che in America le stock option aziendali sono molto diffuse, ma certamente il rischio concentrazione rimane un altro fattore da tenere in considerazione.
Esiste anche in USA il cosiddetto home bias che abbiamo già affrontato qui. Il patriottismo finanziario porta il 60% del campione a detenere meno del 10% di azioni internazionali.
Ultimo capitolo quello arcinoto dei costi. Se mediamente chi ha un advisor paga l’1,3% di commissioni annue, il 60% degli intervistati possiede almeno un fondo di investimento con costo superiore (expense ratio) allo 0,50%. Il desiderio di comprare un professionista che possa battere il mercato compare inesorabile tra i risparmiatori.
Fonte: SigFig
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