Nel 2000 scoppiava la bolla speculativa delle cosiddette dotcom. Quella corsa sfrenata all’acquisto di qualsiasi cosa terminasse per .com o .it si ridimensionò negli anni successivi in modo drastico, come tanti risparmiatori italiani ben ricordano. Si ricorda la bolla speculativa sull’azionario, non si ricorda quale era lo stato del mercato obbligazionario in quel momento storico.
Se le azioni quotavano a livelli folli in termini di valutazioni fondamentali prospettando rendimenti futuri molto modesti per chi entrava in quel momento, per i cosiddetti bond holders il futuro non sembrava poi così male.
Questa bella infografica offerta da BlackRock ci mostra come il mondo dei rendimenti obbligazionari del 2000 era effettivamente molto interessante, con la linea del 3% di tasso di interesse superata da quasi tutti gli asset obbligazionari.
Il fenomeno andrebbe però ridimensionato, e qui forse analisti e consulenti continuano a peccare (volutamente?) di trasparenza. Nel 2000 il tasso annuo di inflazione americano oscillò tra il 3 e il 4% abbassando quindi i rendimenti reali di una misura consistente; anche In Europa i prezzi al consumo in quel periodo erano avevano oscillazioni consistente, nell’ordine del 2/3% annuo . Non siamo certamente ai livelli infimi di oggi, ma teniamo conto che il lato destro del grafico, di questi tempi, non deve subire grandi revisioni “reali” visto che i tassi di inflazione oscillano tra il segno negativo e l’1%, almeno nei paesi occidentali.
Inutile nascondersi però dietro a un dito; anche in termini reali i rendimenti di oggi sono molto bassi e questo pone un problema di aspettative sui futuri ritorni da investimento.
Il famoso 3% generato solo da investimenti in obbligazioni è ormai un’utopia con i flussi cedolari sempre più magri anche sulle scadenze lunghe. Il cambio di duration (quindi quanto tempo serve effettivamente per recuperare il mio investimento obbligazionario considerando le cedole) dal 2000 ad oggi è evidente nel secondo grafico.
Serve quindi più tempo per recuperare il capitale investito in bond con scadenza decennale (a volte quasi tutti i 10 anni); servirà più tempo per veder valorizzato in modo adeguato il capitale azionario.
Fare terrorismo sui tassi bassi o sulle azioni care non ha una grande utilità. Non sappiamo quanto e come si muoveranno i mercati finanziari nei prossimi anni, quindi come sempre ci muoviamo nel terreno di ipotesi e nulla più.
Come abbiamo visto qui i tassi bassi accompagnarono per tanto tempo gli investitori. Nel bel mezzo di una rivoluzione industriale e tecnologica come quella attuale fare delle previsioni è esercizio alquanto difficile.
Non possiamo che ribadire un concetto di doveroso equilibrio per dare un senso agli investimenti presenti e futuri. Mantenere una fetta in liquidità per sfruttare le inevitabili occasioni di prezzi più bassi che si presenteranno da qui in avanti; un’altra fetta va indirizzata verso una diversificazione dell’investimento in bond che inevitabilmente vada ad allargare i propri orizzonti dal governativo al corporate fino all’emergente. Si chiude poi con un’altra fetta della torta in azionario, rischiosa ma utile per alzare le attese di rendimento future.
Tempo, pazienza e fiducia nel futuro, l’alternativa è una elevata probabilità di perdere soldi (o meglio potere d’acquisto) tenendoli sotto il materasso.
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