Diamo un seguito al nostro post “Era il 1936 e tutto sembrava caro” andando a vedere come azionario ed obbligazionario si stavano muovendo in quel periodo. Nessun parallelo con la situazione attuale, sapete che qui previsioni non se ne fanno, ma una fotografia di buon senso per preparare eventuali scenari di portafoglio e soprattutto per fare chiarezza su molti luoghi comuni che circolano sui media e non solo.
Capitolo tassi di interesse. Come abbiamo già visto in quel periodo, nonostante i bassi tassi di interesse stabilmente sotto al 3% sul decennale (e a zero sul monetario), la scelta di investire in bond si rivelò sempre vincente in termini nominali tranne che nel 1941. Scommetto che anche allora società di gestione del risparmio e broker spingevano per abbandonare i bond (che poi qualcuno si comprava) e cavalcare l’azionario appena uscito dalla durissima crisi del 1929. In realtà chi comprò tasso fisso in quel periodo non avrebbe avuto grandi danni economici nei 5 anni successivi come ben ci chiarisce il grafico successivo che mostra i ritorni annui di un investimento in decennale Usa a distanza di 5 annualità rolling.
E del resto è la storia che ci dice che comprare bond decennali ora significa avere una elevata probabilità di vedersi ritornare ogni anno per la prossima decade semplicemente il rendimento annuo acquistato. Il secondo grafico esprime chiaramente il concetto con la linea rossa che indica i tassi decennali nominali e quella verde il ritorno annuo dell’investimento a distanza di 10 anni.
Ma allora perché molti consulenti vogliono farci uscire dal tasso fisso per andare sulle azioni? Ci sono due tipi di consulenti, quelli preparati ed onesti che vi mostrano un grafico dei rendimenti reali (ovvero depurati dall’inflazione) facendovi capire che mantenendo tutti i vostri soldi in bond perderete con elevata probabilità una bella fetta di potere d’acquisto nei prossimi anni (sotto i ritorni annui reali a 10 anni di un bond americano).
Ma nello stesso tempo vi direbbero anche che dai bond non si può prescindere perché (come sul finire degli anni ’30) è sempre possibile che il mercato chieda il conto delle generose performance (oltre il 15% annuo allo stato attuale) che vi ha gentilmente donato negli ultimi 5 anni.
Ovviamente un consulente così non dovreste lasciarvelo sfuggire, ma se nessuna di queste cose vi verrà detta, beh cominciate a diffidare.
Se vi verrà segnalato che con questi tassi il rischio di perdere soldi nei prossimi anni è altissimo (certamente lo è con prodotti che costano 100/150 punti base all’anno!), che più giù di così non si può andare (infatti i decennali svizzeri rendono il -0,10%), che duration 7 significano perdita del 7% a fronte di un rialzo dei tassi di 100 punti base (la metà di un’ordinaria correzione infrannuale del mercato azionario), che l’azionario è l’unico segmento da cavalcare in questo momento per effetto del QE di Draghi (e soprattutto per le ricche commissioni di gestione che il consulente si vedrà retrocesse dalla vendita di un prodotto azionario) …allora guardatevi in giro.
Quello che mi fa sorridere in questi mesi è il disperato tentativo che ogni presunto guru cerca di dare della fase attuale del mercato dei bond. Io non so se siamo dentro una mega bolla speculativa, ma nemmeno provo a darmi una risposta visto che già Greenspan oltre dieci anni fa definì “conundrum” l’andamento dei tassi di interesse. Possono centrare questioni demografiche, di fiducia, di cambiamento tecnologico o altri fattori a noi sconosciuti. Rimane comunque il fatto che nel mercato più liquido ed efficiente del mondo c’è qualcuno che continua a comprare quantità enormi di bond ed i rendimenti di mercato non salgono. Con elevata probabilità però possiamo dire che quando l’azionario scende l’unico cuscinetto di sicurezza è rappresentato dai bond.
La frase più sensata circa l’attuale situazione del mondo obbligazionario l’ha pronunciata secondo me Rob Arnott Ceo di Research Affiliates. Arnott scrive che lo scopo di detenere un bond oggi non è più quello di essere un generatore di modesto reddito tramite incassi fissi o variabili regolari, quanto quello di essere una polizza assicurativa a contro un crack del mercato azionario. Allo stato attuale i compratori ritengono ragionevole pagare un premio rappresentato da rendimenti reali negativi pur di possedere questo ombrello protettivo. Tradotto diversificate sempre e sarete in posizioni di forza.
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