Dopo pioggia viene sole. Questa è una delle frasi celebri che pronunciò l’allenatore di calcio Vujadin Boškov durante la sua permanenza in Italia. E dopo la pioggia viene il sole anche per i mercati finanziari. Magari le nuvole a volte rimangono dense a lungo, altre volte si diradano in fretta come nel 2020.
Nelle ultime settimane è stato un rincorrersi di statistiche tra chi celebrava il funerale dei portafogli bilanciati e chi invece si appellava ai precedenti storici per guardare con ottimismo al futuro.
Il passato purtroppo non sempre è una guida di quello che potrebbe accadere in futuro e quindi potremmo basare tutte le nostre assunzioni su ipotesi che non prenderanno mai vita.
In questo articolo ho già espresso la mia opinione su quanto può essere utile, anche dal punto di vista psicologico, un portafoglio bilanciato.
Credo anche che investire da ottimisti e risparmiare da pessimisti (frase di Morgan Housel) sia necessario e fondamentale per ogni persona indipendentemente dalla visione sul futuro dei mercati finanziari.
Pianificazione, tempo e buonsenso da sempre sono strumenti utili ed efficaci nella pratica dell’investimento, ma comprendo che non sempre sono convincente quando pronuncio parole che tradotte nella pratica significano spesso investimento lento e noioso.
Il Wall Street Journal ha pubblicato nei giorni scorsi un articolo dell’eccellente Jason Zweig dal quale mi piacerebbe partire oggi proprio per cercare di inquadrare tutto nel modo più corretto ed equilibrato.
Gli alchimisti finanziari tornano a produrre pozioni magiche
Come avevo previsto nel mio articolo di fine anno gli alchimisti finanziari si stanno già affacciando (anche in America) pronosticando una rapida morte del tradizionale investimento bilanciato, da sostituire con nuove ed esoteriche tecniche di gestione capaci di vincere nelle attuali situazioni di incertezza.
La prima vera notizia è che non è vero che il 2022 è stato l’anno peggiore per un portafoglio bilanciato.
Noi analisti e consulenti omettiamo troppo spesso un dato fondamentale quando si fanno confronti statistici tra periodi storici diversi. L’inflazione e il rendimento aggiustato per la perdita di potere d’acquisto.
Secondo questa metrica il 2022 è solo il quarto peggiore anno della storia della sola borsa americana (altro limite dell’analisi sul quale sorvoliamo).

Fonte: WSJ
Praticamente un quarto del valore degli investimenti si è volatizzato, fenomeno comunque nettamente da ridimensionare considerando i generosi guadagni del 2021.
Chi è mancato all’appello nel 2022 sono state le obbligazioni, incapaci di decorrelare l’andamento del mercato azionario come la teoria insegna.
Il solito errore di guardare nello specchietto retrovisore
Teoria che a dire il vero insegna anche a guardare questi numeri nel lungo periodo e non nel breve arco temporale di 12 mesi.
Quindi il famoso bilanciato 60/40 non ha fatto bene nel 2022 e chissà, potrebbe non fare bene nemmeno nel 2023.
Quello che conta, per chi naturalmente ha davanti un orizzonte di anni in doppia cifra, è che la stessa storia ci dice che il tempo e la pazienza sapranno curare le ferite e migliorare i rendimenti di chi ha la fortuna di cominciare a investire oggi.
Ben Carlson dal suo autorevole blog ci ricorda quali informazioni ci ha consegnato la storia quasi secolare della borsa americana.

Fonte: awealthofcommonsense.com
A distanza di un anno dal ribasso (e in termini nominali) dei 10 casi di performance negativa quattro sono rimasti tali. Un paio in doppia cifra.
A distanza di tre anni solo il 1930 emerge con il suo segno meno in una media complessiva di performance che ha sfiorato il 30%.
Dopo cinque e sette anni le luci sono completamente verdi con medie complessive vicine al 50% di rialzo dopo un lustro e al 65% dopo sette anni.
Ma cosa è successo all’inflazione nei sette anni successivi ai casi del 1931, 1937 e 1974?
Gli effetti dell’inflazione dopo un anno disastroso
I prezzi al consumo americani tra il 1931 e il 1938 scesero (quindi ci fu deflazione) complessivamente del 7% migliorando ulteriormente il rendimento reale di un investimento messo a terra dopo quell’annata nefasta.
Tra il 1937 e il 1944 i prezzi al consumo salirono del 22% riducendo la performance reale al 35%.
Tra il 1974 e il 1981 eravamo nel periodo dell’iper inflazione. I prezzi al consumo americani salirono dell’85% in sette anni, un numero che “consumò” tutta la performance del portafoglio bilanciato senza però far perdere potere d’acquisto all’investitore.
Nessuno può promettere performance di questo tipo per il futuro. Ma come dice Ben Carlson nella parte finale del suo articolo il tempo è l’amico migliore che abbiamo quando investiamo in strumenti di investimento particolarmente volatili.
E oggi che è alle spalle parte di una delle tempeste più violente dell’ultimo secolo per il portafoglio di un investitore, uscire o ridimensionare le proprie ambizioni e i propri obiettivi per andare su prodotti che escono dal sentiero delle tradizionali asset class è una scommessa priva di qualsiasi precedente storico e statistico.
L’alternativa (o meglio il prodotto alternativo) potrebbe essere ben peggiore di quello che oggi vediamo come il male assoluto.
E come ho scritto nel mio ultimo libro “Come investire il mio primo euro”
Se abbiamo avuto la lungimiranza e la fortuna di conoscere il più importante amico degli investimenti, il Signor Tempo, non roviniamo tutto lasciando spazio a emozioni o, ancora peggio, a sirene suadenti condite di ricette magiche che il mondo finanziario ci farà pervenire in modo del tutto interessato man mano che il tesoretto crescerà.
Buon investimento.