By |Categorie: Investimento|Pubblicato il: 27 Dicembre, 2022|

Sta per andare in archivio un anno, il 2022, nel quale azioni e obbligazioni hanno perso valore. Inutile a questo punto girare il dito nella piaga.

Nell’articolo di lunedì scorso ho proposto, come ormai è mia abitudine fare da anni su questo blog, qualche “riflessione” sull’anno appena concluso.

Oggi vorrei idealmente proseguire e concludere quell’articolo con uno sguardo proiettato al futuro. Lo faccio soprattutto cercando di guardare con un certo distacco le performance recenti per focalizzarmi sugli obiettivi che possiamo ragionevolmente raggiungere nei prossimi anni.

Come ben sapete trovo utile abbinare il mio sport preferito, il ciclismo, alla pratica dell’investimento. E l’esperienza in tutti questi anni mi ha insegnato che, quando si viaggia ad alta velocità in discesa, l’occhio deve sempre guardare avanti; deve guardare la seconda buca della strada e non la prima, perché questa è già memorizzata ed evitata. Quella successiva potrebbe invece sorprendere, costringendomi a decisioni imponderabili negli effetti.

Lo stesso vale per gli investimenti. Va bene rimanere informati e guardare le performance attuali, ma la nostra attenzione deve essere rivolta al futuro, agli obiettivi, al se e come li stiamo raggiungendo predisponendo le giuste contromisure in caso di eventi non previsti.

Non è questo un post acchiappaclick, come quelli che tanti bravi e spigliati gurude casa nostra”, stanno pubblicando in rete negli ultimi giorni.

Con un titolo che comincia con parole come guardare avanti, sono consapevole di essermi giocato tanti lettori all’eterna ricerca di qualcuno che possa confermare la teoria del disfattismo totale e della fine imminente della finanza per come l’abbiamo conosciuta. Oppure dell’opportunità del diventare ricchi con qualche video lezione.

In oltre 20 anni di frequentazione del mondo degli investimenti ho sentito questa roba almeno una decina di volte. Che giustamente l’umanità ignora progredendo come fa da secoli con il suo passo lento ma inesorabile.

Ma siccome non voglio illudere le persone con sogni che si accendono nella notte di Capodanno per poi spegnersi il giorno dell’Epifania, eccomi qua a raccontare brevemente questo 2022 e cosa dobbiamo evitare nel 2023.

I numeri del 2022

Un investimento in ETF azionario globale chiude l’anno con un saldo negativo di circa il 12%. Performance leggermente peggiore per l’azionario americano ed emergente. Performance leggermente migliore per l’azionario europeo.

Un investimento in obbligazioni globali governative a cambio aperto ha perso il 12%. Peggio ha fatto un investimento in obbligazioni governative europee (-16%), un pochino meglio le obbligazioni corporate mondiali sempre a cambio aperto (-10%).

Non è difficile quindi scoprire che un -12% sulle due principali asset class di investimento, l’azionario e l’obbligazionario, ha portato a -12% anche il risultato di un investimento bilanciato.

La buona notizia è che quando i prezzi scendono, il valore degli asset quotati sul mercato sono più a buon mercato e quindi le aspettative di rendimento per il futuro sono più elevate.

Ho dedicato un intero capitolo del mio recente libro alle aspettative di rendimento. Ho dimostrato che questi ragionamenti ad alto tasso di incertezza devono essere sempre fatti per avere disponibili degli indirizzi, non certamente dei numeri scolpiti nella pietra. Numeri che sono però utili per fare un tagliando e perché no, agire ribilanciando i pesi delle classi di investimento nel corso degli anni.

Un estratto del libro mi serve proprio per farvi capire quello che ho appena scritto:

Se avessi scritto questo manuale a fine 2011, il rendimento annuo atteso della borsa americana dopo 10 anni di investimento sarebbe stato sulla base delle indicazioni statistiche che emergono dal CAPE di Shiller, prossimo a un 4% al netto dell’inflazione. Obiettivo centrato, con il mercato che è stato molto più generoso del previsto. Per l’indice S&P500, infatti, il rendimento annuo reale composto nel periodo 2011-2021 è stato addirittura del 13,9%. Le aspettative cambiano durante ogni seduta di borsa. Ma le stesse statistiche storiche vengono continuamente aggiornate con nuove informazioni. Potremmo leggere queste pagine in un momento storico in cui il CAPE risulta molto più alto o molto più basso rispetto alla sua media storica. Le conclusioni alle quali arriveremmo muterebbero radicalmente.

Mettendo insieme i vari pezzettini del puzzle che compongono un’asset allocation si possono formulare delle previsioni che, pur tenendo conto di un certo grado di incertezza, rappresentano il vero motivo finale che ci spinge ad investire su alcuni prodotti rispetto ad altri.

Se aveva poco senso investire in obbligazioni due anni fa visti i rendimenti prossimi allo zero, nel 2023 questa considerazione sarebbe discutibile.

Alla fine del 2021 un paniere di obbligazioni governative europee rendeva a scadenza lo 0,5%. Oggi siamo al 2,8%. Buona notizia per chi sta costruendo un portafoglio di investimento. Ma una buona notizia anche per chi ha già investito in fondi o ETF. Le scadenze dei titoli in portafoglio verranno infatti reinvestite a rendimenti prospettici più elevati.

Buone notizie da obbligazionario ma anche dall’azionario

Alla fine del 2021 il rapporto prezzo utili basato sul CAPE di Shiller (quindi aggiustato per i cicli economici) della borsa americana era pari a 38. Le aspettative per il futuro non potevano essere entusiasmanti (e infatti il primo anno della serie se ne va in archivio con il segno meno); oggi però partiamo da livelli scontati di quasi il 30% con un CAPE a 28. Ancora non siamo ai saldi, ma per la borsa americana migliorano le aspettative di rendimento per i prossimi anni, aspettative che risultano ancora più interessanti sulle borse globali che escludono gli Stati Uniti (Europa, Giappone, emergenti, ecc…).

Tanto per citare alcuni tra i mercati azionari più importanti al mondo, il CAPE della borsa europea è passato da 24 di fine 2021 a 19 oggi, quello della borsa giapponese da 23 a 20, quello della borsa cinese da 14 a 9.

Possiamo fare gli stessi ragionamenti su multipli meno orientati al lungo periodo come il classico rapporto tra prezzo e utili, ovvero quanti anni di utili aziendali servono per recuperare un investimento in azioni.

Se l’America non è un ambiente di investimento da lasciare mai nonostante quotazioni ancora elevate se rapportate alle medie storiche, tra le vetrine dei mercati finanziari che offrono saldi molto interessanti non c’è oggi scarsità di offerta. La parola diversificazione sarà noiosa, ma deve essere la regina del nostro portafoglio.

Fonte: Yardeni Research

Più ciccia per chi vuole vivere di rendita

Anche gli indicatori per chi vuole vivere di rendita con i propri investimenti sono migliorati.

Il Dividend Yield sulla borsa americana, ovvero la percentuale del dividendo rapportata al prezzo pagato che viene retrocessa annualmente all’investitore, alla fine del 2021 era di 1,3%.

Numero modestissimo considerando che negli ultimi 50 anni la media è stata del 2,8% e che all’apice della bolla speculativa del 2000 fu toccato il record negativo di 1,1%. Oggi le cose vanno un po’ meglio con una risalita a 1,7% che offre qualche decimale in più di “rendita” agli investitori. Non dobbiamo poi farci ingannare dalla media storica decisamente più elevata. Oggi le aziende distribuiscono meno dividendi ma remunerano gli azionisti attraverso il riacquisto di azioni proprie (buyback).

Un indice azionario globale si spinge fino al 2,3% di dividendo per anno che va idealmente a sommarsi a quel 2,8% offerto dalle obbligazioni europee.

Fonte: Multpl.com

Miglioramenti non eclatanti che però significano che i valori dei nostri investimenti pregressi hanno subito sacrifici modesti.

E infatti a distanza di cinque anni l’azionario mondiale raccoglie ancora una performance positiva di oltre il 50%, quello obbligazionario invece è inchiodato allo zero.

Numeri questi tutti al lordo di inflazione, costi e tasse.

Negli ultimi 5 anni l’inflazione ha eroso il potere d’acquisto di circa il 16% (3,9% all’anno in Italia).

La tassazione degli utili azionari è stata del 26%. I costi medi di un ETF azionario ruotano attorno allo 0,2% (se avete comprato un fondo in Italia 10 volte di più).

L’ultimo lustro, con due mercati orso (ovvero con cali degli indici superiori al 20% dai massimi), ha permesso all’investimento azionario di raccogliere un rendimento reale poco sopra il 20% che diventa mediamente 14% se abbiamo investito in fondi di investimento (che sappiamo bene statisticamente incapaci di battere il benchmark 8 volte su 10 su un orizzonte temporale di questo tipo).

Il risultato è invece negativo per il mercato obbligazionario, esattamente quello che ci “urlavano” le aspettative di rendimento quando si compravano titoli di stato a rendimento zero al lordo dell’inflazione.

Meglio confrontare le proprie aspettative con quelle dei professionisti

A fine anno sono abituato a confrontare le mie attese di rendimento con quelle formulate da grandi case di investimento.

Non parlo di outlook, ma di numeri veri e propri basati sulla statistica e sulle valutazioni attuali dei mercati proiettati in avanti di 10 anni.

Tra le mie “letture” preferite di fine anno ci sono i rapporti di Vanguard e BlackRock.

A novembre la casa fondata dal compianto Jack Bogle ha pubblicato le consuete previsioni per la prossima decade. Il punto sicuramente più interessante riguarda le obbligazioni, ma anche sulle azioni vengono confermate le buone notizie.

Pur essendo questi rapporti dedicati a un investitore americano (quindi in valuta dollaro), per le obbligazioni americane balza all’occhio quel rendimento atteso per la prossima decade compreso tra 4,1%-5,1%, decisamente più generoso rispetto al 1,4%-2,4% atteso a fine 2021. Numeri simili anche per l’obbligazionario internazionale.

Gli sconti sui mercati azionari hanno portato a un miglioramento anche sulle aspettative di rendimento per questa importante classe di investimento. I rendimenti annui attesi sull’azionario americano salgono a 4,7%-6,7% (l’anno scorso eravamo a 2,3%-4,3%). Sull’azionario globale esclusa l’America le aspettative sono ancora più alte e stimate tra 7,5% e 9,5%.

A dispetto di quello che vanno in giro a raccontare i catastrofisti, queste sono ottime notizie per i portafogli bilanciati dai quali non bisogna fuggire, anzi.

Ciò dal quale dobbiamo fuggire sono invece quei prodotti che qualche promotore finanziario non indipendente (pardon consulente finanziario) “costretto” dal solito budget aziendale, cercherà di piazzare nei nostri portafogli nei prossimi mesi. Vi avverto in anticipo. Le parole bilanciato, multi asset, a controllo della volatilità, total return, absolute, sono evergreen che verranno condite presto con neonati inglesismi solo per far leva sulle nostre paure.

Fonte: Vanguard Economic and Market Outlook for 2023

Ma torniamo alle attese di rendimento. Gli stessi numeri li ritroviamo, seppur leggermente più generosi, nelle previsioni per la prossima decade espresse da BlackRock.

 

Fonte: BLACKROCK INVESTMENT INSTITUTE | NOVEMBER 2022 Capital market assumptions

 

Altro fornitore “gratuito” di aspettative di rendimento da utilizzare nelle pianificazioni di lungo periodo è Research Affiliates.

La società americana offre un simulatore online personalizzabile (basato naturalmente sul modello proprietario) che ci permette di “mediare” le tesi di Vanguard e BlackRock.  I numeri di rendimento annuo atteso (sempre nominali) non sono molto diversi da quelli appena visti. Per l’azionario americano Research Affiliates si aspetta un 5,6% medio di rendimento annuo, mentre per l’intero azionario sviluppato abbiamo un interessante 7,1%. Escludendo l’America i numeri di rendimento atteso si fanno più generosi arrivando 11,4%; per i mercati emergenti le previsioni si spingono addirittura a 12% con una volatilità attesa del 21%.

Un portafoglio 60/40 dovrebbe ritornare per la prossima decade il 6,7% medio composto annuo al lordo dell’inflazione.

Fonte: ResearchAffiliates

A cosa serve il rendimento atteso dei prossimi 10 anni

Ottenuto il rendimento atteso che ragionevolmente possiamo attenderci per i prossimi 10 anni, mettiamo tutto nel frullatore della pianificazione tenendo conto del nostro profilo di rischio (che influenzerà l’asset allocation scelta).

Quindi, se dall’azionario americano possiamo aspettarci (ma non essere certi) il 6% di rendimento annuo, qualora il nostro portafoglio fosse composto per il 50% da azioni americane diversificate, nei prossimi 10 anni il 3% (6% * 50/100) di rendimento sarà generato solo da questa asset class. Se il restante 50% fosse composto da titoli di Stato americani dai quali ci aspettiamo un rendimento annuo del 4%, allora il 2% del risultato finale arriverà da qui. La somma dei due elementi (3%+2%) determinerà il rendimento atteso nominale (5%) di un portafoglio bilanciato. Con una importante considerazione.

Il valore medio risultante da queste simulazioni molto probabilmente non lo vedremo quasi mai nei numeri reali che accompagneranno i nostri investimenti. La causa di questo fenomeno si chiama volatilità. Nell’ultimo quasi secolo dei mercati americani solo sei volte i rendimenti annui composti si sono avvicinati alla media del 10%.

Fonte: 2023 Global Investment Outlook | BlackRock Investment Institute

 

Meglio stare dalla parte dei bottoni

Il mio invito è sempre quello di pianificare sulla base delle aspettative più prudenti. Stando dal lato più conservativo non solo le delusioni saranno meno probabili, ma anche il tasso di risparmio annuale che abbiamo impostato sarà probabilmente sufficiente per raggiungere gli obiettivi.

Non possiamo e non sappiamo prevedere il futuro.

Non conosciamo gli imprevisti e gli eventi eccezionali fino a quando non prendono forma realmente. Questo lo sappiamo. Ma la storia e le valutazioni contano.

Spalmando i dati su un numero di anni che non è 1, 3 o 5, ma ben più lungo, ritengo abbastanza ragionevole provare a impostare un ragionamento come quello appena fatto.

Il rischio più grande del 2023

Ma dopo le buone notizie veniamo a quello che reputo essere il rischio più grande per il 2023. Un rischio tutto nostro, personale, comportamentale. Quello del voler a tutti i costi fare qualcosa dopo un’annata disastrosa.

Nel 2023 i gestori di fondi vorranno dimostrare ai clienti che il loro lavoro vale le laute commissioni che incassano ogni anno.

E i clienti si aspettano che i gestori professionisti, amministratori dei loro risparmi, nel 2023 si rendano protagonisti di qualche mossa concreta per uscire da questa buca.

La cosa bella è che tutte le evidenze scientifiche dimostrano che muovere tanto il portafoglio è uno degli errori tipici che determina l’incapacità di un gestore o un investitore privato di battere il mercato.

E così anche questa volta il voler agire per forza si rivelerà dannoso e finiremo per chiederci perché i nostri risparmi non rendono.

La pressione sui gestori è alta. Le performance determinano i bonus e quindi il tenore di vita presente.

La pressione sugli investitori è alta. Le performance determinano la redditività del capitale e quindi il tenore di vita futuro.

Quando la pressione è molto alta si vuole agire a tutti i costi; non farlo ci metterebbe a disagio perché non stiamo tentando di fare qualcosa per risolvere la situazione.

Ma i mercati finanziari premiano chi è paziente. E proprio l’immobilismo in certi momenti è un fattore vincente. Il problema è che è difficile per un essere umano rimanere fermo; quando tutto sale, così come quando tutto scende.

Se però abbiamo fatto bene i compiti prima (piano di investimento, asset allocation, prodotti giusti, ecc…) allora l’intervento dovrebbe essere veramente limitato all’indispensabile.

Mi aspetto quindi un 2023 arrembante da parte dell’industria finanziaria, con proposte di prodotti che ci racconteranno essere capaci di andare bene in un ambiente complicato.

Rivedremo il mitico “capitale garantito” su polizze assicurative di ramo primo e sugli immancabili certificate.

Sull’onda delle solite noiose prime parole degli outlook 2023 “i mercati saranno difficili, sfidanti, volatili”, torneranno in auge strategie alternative, complesse, spesso incomprensibili al piccolo investitore, e naturalmente costose.

Non si capisce perché verranno di nuovo rispolverati dopo anni mediamente fallimentari e con rendimenti non tanto più alti di un investimento monetario, ma dalla cassetta degli attrezzi del marketing riprenderà vita il rendimento assoluto, il long short, la strategia alternativa, l’arbitraggio, l’alfa e così via.

Esattamente ciò che non serve se abbiamo in mente di raggiungere certi obiettivi fra un numero di anni abbastanza lungo.

Cercheranno di giocare sulle nostre emozioni con prodotti che, come insegnano decine di studi accademici in giro per il mondo, non riusciranno a battere il mercato e che probabilmente fra qualche anno non esisteranno più.

Le emozioni sono importanti per un investitore

Ma le emozioni sono positive per un investitore. Lo tengono sveglio, all’erta, impegnato. L’importante è che non sfocino in euforia o panico perché a quel punto diventano negative.

Dovremo evitare il fai da te avventuroso.

Come dichiarato recentemente dal Professor Meir Statman della Santa Clara University: quando compriamo o vendiamo una certa azione o obbligazione per fare speculazione dovremmo sempre chiederci chi è l’idiota dall’altra parte che sta liquidando un investimento così profittevole. Noi siamo i furbi e lui è l’idiota… dal nostro punto di vista.

Ricordate? La finanza è un gioco a somma zero. C’è chi vince e c’è chi perde.

Quando facevo il trader per una banca italiana ero convinto di essere il furbo e di giocare la partita con uno sciocco che stava dall’altra parte. Ma se paragoniamo questo scambio a una partita di tennis, lo sciocco dall’altra parte (che non vediamo) potrebbe essere veramente un cialtrone oppure Berrettini. E di sicuro il colpo di Berrettini non sarà quello di un’idiota. E riporterà sicuramente la palla nel mio campo.

Un consulente finanziario può e deve fare molto per supportare il suo cliente in questo contesto.

Può spiegare ad esempio che le aspettative di rendimento sono probabilità per il futuro, non certezze; rappresentano però una guida importante sulla quale fare affidamento nel formulare e manutenere un piano.

Può spiegare che il reale valore di consulente non deriva dal trovare l’obbligazione che rende l’1% in più all’anno, ma nell’aver studiato la storia, la finanza comportamentale, la statistica. Averne compreso pregi e difetti. Limiti e opportunità.

Può ammettere candidamente che non sa prevedere il futuro, ma che ha la giusta esperienza e il curriculum di chi ha già gestito in passato (e saprà gestire in futuro) la maggior parte degli imprevisti che potrebbero mettersi di traverso nel tentativo di rendere irraggiungibili i nostri obiettivi.

Buon investimento e buon 2023.

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