By |Categorie: Investimento|Pubblicato il: 15 Aprile, 2015|

Come scriviamo spesso su queste pagine è un errore nutrire aspettative di rendimento sulla base di statistiche del passato. Non possiamo metterci una benda davanti agli occhi ed ignorare le quotazioni raggiunti da bond e azioni (ai massimi storici) ed inflazione (ai minimi storici). Il rischio teorico è ovviamente quello di avere delusioni sul fronte rendimenti reali nei prossimi anni.

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Dal 1928 disponiamo di numeri i quali, in maniera piuttosto semplice, ci possono far capire quanto ha ripagato l’investimento in questo lungo arco temporale, ma soprattutto fanno riflettere su alcuni concetti di buon senso.

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Assumendo di aver investito dal 1928 al 2014 in un classico portafoglio 60% azioni 40% bond vediamo ad esempio che la differenza rispetto all’azionario è stata di 136 punti base, un 1,36% che in 86 anni rappresenta un importo piuttosto considerevole in termini di guadagni mancati. Vista così la conclusione spontanea per un investitore di lungo periodo sarebbe “ma chi me lo fa fare di investire il 40% dei miei soldi in bond soprattutto ai tassi attuali”?
Tutto vero ma proviamo a fare qualche considerazione un po’ più approfondita e per farlo ringrazio l’autore del sito www.novelinvestor.com dal quale trarremo diversi dati numerici.

Cominciamo dal quelli che sono stati gli anni positivi, 63 per l’azionario, 71 per l’obbligazionario, 68 per il portafoglio 60% azioni 40% bonds.

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Fin qui nulla di nuovo; ovvio che sapendo in anticipo quali risultano essere gli anni positivi per l’azionario la scelta non sarebbe complicata.
Ma passiamo alle annate negative.

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La differenza tra un ritorno medio dell’azionario ed un 60/40 supera i 5 punti percentuali, un valore che comincia adesso a scardinare qualche sicurezza.

Come Novelinvestor ci ricorda i 24 anni di perdita dell’azionario in undici casi hanno registrato perdite inferiori al -10%, in sei casi inferiori al -20% ed in tre casi inferiori al -30%. Confrontando questi numeri con il comportamento del 60/40 capiamo subito la differenza. Nei 19 anni di perdita, cinque casi hanno fatto registrare perdite inferiori al -10% e solo due perdite inferiori al -20%. Qui sta tutto il nocciolo della questione.

In un piano di investimento di lungo periodo è quasi certo che si subiranno diverse correzioni del mercato azionario e se una o più di queste fossero anche profonde ecco che l’Eden che avevamo dipinto nei casi solo positivi comincia a riempirsi di nebbia. Ma soprattutto, voi siete sicuri di appronterete un piano di investimento della durata di 86 anni?

Ogni investitore deve decidere cosa fare dei propri soldi. Rispondete a questa domanda. E’ più importante cercare di stare sempre sulla cresta dell’onda (l’azionario) e massimizzare i profitti correndo dei rischi (tipo una perdita del 30%) oppure rinunciare a quei famosi 136 punti base medi ogni anno investendo in un classico 60/40 in grado però di proteggervi maggiormente dagli storni dei mercati?

Capisco che l’esempio è molto semplice e potrebbe essere arricchito con portafogli più articolati, ma sarete d’accordo con me che prima di andare sul difficile è forse meglio avere chiaro cosa state cercando dal vostro investimento. Non dimenticate mai che io vi ho mostrato un’analisi storica lunga quanto una vita intera di uomini o donne. Nel mezzo di tre/quattro generazioni può succedere di tutto, nel bene come nel male; avere il baricentro tutto da una parte potrebbe dare grandi soddisfazioni o grandi sofferenze e questo non è consigliabile per nessuno.

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                        Le perdite non sono tutte uguali

                       65/35

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