Ringraziando l’autore dell’ottimo blog Novelinvestor.com che ci permette ogni tanto di estrarre qualche contenuto dai suoi post, vogliamo mettere un altro tassello nel puzzle dell’investitore sfortunato di cui abbiamo già parlato qui e qui.
Quando si osserva un grafico di qualsiasi mercato azionario (il grafico rappresenta lo storico dello S&P500 dal 1960) spesso l’investitore è spaventato dalle pericolose parabole discendenti che prende un mercato durante un bear market.
Ovvio i prezzi scendono, ma come spesso succede in questo mondo, vi stanno facendo guardare le cose dal lato sbagliato e, secondo me, non cercando mai di calarsi nei panni di un investitore impaurito e perennemente perseguitato dalla legge di Murphy.
Osserviamo insieme la tabella seguente:
Sono stati raggruppati i dati relativi ai bear market più pesanti della storia americana. Le correzioni sono andate dal 86% del 1929 al 22% del 1966 ed il tempo trascorso per recuperare il punto di pareggio è stato molto variegato, da 1 anno e 4 mesi del 1966 a quasi 25 anni nel 1929.
Nella testa di ogni investitore rimane sempre quell’ancoraggio mentale che continuamente ripete che siamo in perdita fino a quando non rivediamo il prezzo di acquisto. Nel mondo azionario questo è assolutamente errato e ve lo dimostrano i numeri dell’ultima colonna.
Mentre il mercato, dopo aver completato il recupero, ovviamente ritorna a zero se preso come indice puro di prezzo, per l’investitore i ritorni sono decisamente più consistenti e soprattutto obbligatoriamente maggiori di zero.
Perché questo? Il perché ve lo abbiamo già spiegato quando abbiamo illustrato l’importanza di investire il più possibile in prodotti total return. Un investitore che compra un fondo o un ETF ad accumulazione non partecipa solo al movimento di prezzo dell’indice sottostante ma incassa anche i dividendi che le singole società pagano ogni anno ai propri azionisti. Ecco spiegato il perché in realtà la vostra asticella del pareggio non è il prezzo di ingresso ma è molto più in basso, ma non solo.
Essendo i dividendi incassati reinvestiti automaticamente dal fondo, la società di gestione acquista con il denaro ricavato azioni della stessa società a forte sconto e questo unisce insieme la forza devastante di un piccolo piano di accumulo a prezzi scontati sommato all’effetto capitalizzazione composta. Quelle azioni che comprerete in futuro saranno una fonte di reddito molto redditizia non solo perché abbasseranno il prezzo di carico, ma anche perché su quelle azioni, in termini percentuali considerando un classico rapporto dividendo/prezzo azione, il rendimento incassato sarà molto più elevato.
Ecco che l’investitore sfortunato finisce questa puntata…un po’ meno sfortunato.