Uno dei pilastri di questo blog fin dalla sua nascita nel lontano ormai 2014, è quello di divulgare educazione finanziaria in modo indipendente basandosi sulle evidenze scientifiche e statistiche.
Ma cosa fare con questa conoscenza se ad un certo punto della nostra vita non saremo più in grado di comprenderla o comunque utilizzarla adeguatamente?
Un problema sottovalutato, la progressiva perdita di capacità cognitiva
Quello della perdita di capacità cognitiva in età avanzata è un problema spesso dimenticato, ma che ha impatti notevoli sui risultati finali di un piano finanziario se non affrontato per tempo.
Se lo Stato si sostituisce (giustamente) a noi privati cittadini nell’erogazione della rendita vitalizia per eccellenza (la pensione pubblica), uno dei motivi alla base di questa scelta è anche quello di tutelare il contribuente dalla perdita di una parte più o meno importante delle abilità cognitive di gestire il denaro.
Personalmente sto già affrontando la questione. Ho cominciato con largo anticipo la costruzione di una porzione significativa di quel portafoglio di investimento che dovrà sostenere il sottoscritto e la mia famiglia durante l’età della pensione con una modalità che chiamerei… a prova di amnesia.
Cosa dicono le evidenze accademiche sulla perdita progressiva delle capacità di gestire il denaro
Il problema della progressiva perdita di capacità di gestire il denaro con il progredire dell’età, problema al quale lo ammetto non avevo mai pensato, ho cominciato ad affrontarlo dopo aver letto questo interessante studio, uno dei pochi in circolazione che si concentra proprio sul declino della conoscenza finanziaria in età avanzata.
E così, come ho fatto tante volte nella mia vita da investitore personale e professionale, ho messo in discussione alcuni elementi del mio piano. Migliorando, almeno lo spero, la resa finale.
Nel 2050 un italiano su tre probabilmente avrà più di 65 anni e questo aumenterà ancora di più la ricchezza in mano alle persone in questa fascia di età.
Basti pensare che nel 1995 la ricchezza italiana detenuta dagli over 65 era di circa il 20%. Questo valore è praticamente raddoppiato oggi a causa di un mix di fattori tra i quali sicuramente pesa parecchio la platea più ampia che entra in questo recinto.
Già da questi numeri è facile comprendere che dobbiamo quanto meno capire in quali condizioni queste persone gestiranno le loro ricchezze.
Lo studio di Finke, Howe, Huston ha catturato un fattore importante. Più andiamo avanti con l’età, più la nostra abilità di prendere decisioni finanziarie peggiora. E ovviamente non ce ne rendiamo quasi mai conto.
Questo è quello che accade ad esempio anche con la capacità di guidare un auto. Difficile trovare un guidatore anziano che percepisce (e che ammette) il declino nelle sue abilità da pilota che purtroppo, inutile girarci attorno, ci sono per tutti in età avanzata.
Dai 60 in avanti perdiamo almeno l’1% di capacità cognitiva
La ricerca ha evidenziato un tasso di declino della capacità di comprensione e gestione finanziaria del 1-2% all’anno a partire dai 60 anni di età.
Questo deterioramento avviene indipendentemente dal fatto che siamo esperti o principianti della materia.
Chiaramente chi parte alto (quindi ben educato finanziariamente parlando) subirà un peggioramento delle capacità cognitive percentualmente identico a quello della persona meno educata, ma meno impattante perché il patrimonio di conoscenza è più elevato. Ecco perché l’educazione finanziaria è importante ad ogni età e paga sempre in termini di benefici futuri.

Fonte: Old Age and the Decline in Financial Literacy – Finke, Howe, Huston 2011
Il grafico mette a confronto l’effettiva capacità di prendere decisioni finanziarie corrette da parte del campione analizzato nella ricerca, con la fiducia che abbiamo nelle nostre scelte a parità di età (60 – 89 anni).
Perdiamo capacità ma non lo ammettiamo
L’età avanza e crediamo di aver mantenuto la capacità di comprensione che avevamo 30 anni prima, ma che in realtà stiamo perdendo progressivamente.
La differenza tra le due linee del grafico misura il nostro eccesso di confidenza (overconfidence gap) sulla correttezza delle scelte fatte. Il percepito e il mondo reale si allontanano inesorabilmente e non riusciamo a comprendere questo dato di fatto.
Proviamo a pensare al disastro che potrebbe provocare in un ottimo piano di decumulo del capitale preparato per tempo con accuratezza, l’intervento di un settantenne che decide di dare una svolta al suo modo di investire perché crede in ciò che poi si rivelerà una truffa ben architettata, o semplicemente perché comincia a sbagliare qualche calcolo. A questo si aggiunge un’industria finanziaria in agguato con il suo marketing aggressivo. E così il rischio di fare una frittata è grosso.
Cos’è la conoscenza finanziaria?
Ma cosa intendiamo per conoscenza finanziaria? Una definizione comprensibile a tutti potrebbe essere quella di definirla come l’abilità di comprendere i concetti finanziari fondamentali necessari per adottare decisioni reali. La teoria raccoglie in questo concetto la comprensione delle terminologie finanziarie (come ad esempio cos’è un fondo di investimento oppure come funziona l’interesse composto) a cui si somma l’abilità di comprendere per un fondo il vantaggio della diversificazione o per l’interesse composto la capacità di far crescere esponenzialmente il capitale.
Carte di credito delle quali non si capisce il reale impatto in termini di tassi di interesse passivi, coperture assicurative non pertinenti, costi dei prodotti penalizzanti per il rendimento dell’investimento, sono tanti i casi in cui non comprendere alcuni concetti di base portano alla rovina.
Se da giovani possiamo rimediare perché stiamo costruendo una casa, in età avanzata il danno potrebbe essere irreparabile perché andremo a distruggere quella casa senza avere il tempo di ripararla.
La conclusione della ricerca è la conclusione alla quale dovremmo arrivare tutti.
Come contrastare il declino nelle abilità finanziarie
Un declino nelle abilità finanziarie non conduce necessariamente alla povertà se ognuno di noi riconosce e anticipa questo fenomeno.
Possiamo tentare di fare tutto in autonomia certamente. Questo è più o meno quello che sta facendo il sottoscritto, creando una serie di “rendite” che possano andare avanti con il pilota automatico senza la necessità di entrare ogni volta nel motore e fare tagliandi invasivi.
Oltre naturalmente a sapere dove mettere le mani all’interno del motore, è fondamentale in questo caso automatizzare al massimo il processo rendendo quasi “eterno” lo strumento sottostante.
Proviamo a pensare a una rendita vitalizia, alla cedola di un’obbligazione che va oltre la nostra aspettativa di vita oppure indicizzata all’inflazione, un pacchetto di ETF che ogni mese distribuisce dividendi.
Naturalmente più aumentano gli strumenti utilizzati più alto diventa il rischio di dover intervenire con il rischio di qualche danno collaterale.
Altra strada praticabile è quella di affidarsi a strumenti fiduciari (ad esempio i trust) o in alternativa a consulenti fidati che cercano di ricreare in laboratorio un ambiente il più possibile automatizzato per quando saremo vecchietti. Ovviamente dovranno essere consulenti privi di ogni conflitto di interesse.
Se per risolvere il problema del deterioramento delle abilità di guidare un auto la guida autonoma potrebbe in futuro essere una soluzione, lo stesso potrebbe accadere nel mondo della finanza. Vedremo, il futuro saprà sicuramente sorprenderci in positivo.
Tutto quello che vi ho raccontato oggi prevede però un passaggio fondamentale.
Rendere consapevole il resto della famiglia di questo progetto mettendo i nostri cari nelle condizioni di gestire il tutto nel momento in cui le capacità cognitive del “gestore” principale del patrimonio finanziario si dovessero deteriorare in modo importante.
Potremmo anche parlare di testamento finanziario. Ma a questo argomento dedicheremo un approfondimento prossimamente.
Buon investimento.