In un ambiente di alta inflazione e bassi tassi di interesse investire in polizze assicurative di natura finanziaria rappresenta una scelta poco redditizia. Non necessariamente è sbagliato sottoscrivere alcuni tipi di polizza, ma prima di mettere la firma su un contratto deve essere ben chiaro nella nostra mente l’obiettivo dell’investimento.
In questo articolo avevo già sollevato il tema, ma oggi vorrei spiegare meglio perchè una polizza non è quasi mai lo strumento giusto per investire con buon senso i nostri risparmi.
Ho appena detto che quasi mai la polizza è lo strumento giusto.
Con gli attuali rendimenti offerti dal mercato obbligazionario, una polizza intesa come partecipazione alle performance di una gestione separata, non è un’alternativa da scartare a priori. Non è però essenziale per la stragrande maggioranza dei piani finanziari con orizzonti temporali medio lunghi.
Se il mio obiettivo è quello di ottenere una redditività dell’investimento al netto di costi e fisco attorno al 1%, la cosiddetta polizza di ramo primo rappresenta uno dei pochi strumenti interessanti a mia disposizione per parcheggiare una parte del denaro in attesa di una risalita dei tassi di interesse. Fondi ed ETF obbligazionari non sono oggi in grado di fare meglio se ragioniamo esclusivamente sul rendimento.
Cos’è una Gestione Separata?
La Gestione Separata è un particolare tipo di gestione finanziaria creato da una compagnia assicurativa nella quale viene investito il denaro di un cliente che sottoscrive una polizza vita tradizionale di ramo primo.
Se la buona notizia è che il rendimento nominale di una gestione separata è ancora oggi interessante, come ho spiegato in questo articolo non possiamo però far finta di nulla di fronte a quella cattivona dell’inflazione. Per non parlare poi dei costi caricati sul prodotto dall’intermediario che ci vende la polizza.
Con un tasso di inflazione annuo italiano del 3,9% nel 2021, anche i rendimenti delle gestioni separate sono sprofondati sotto lo zero in termini reali.
La cattiva notizia è che per i prossimi anni difficilmente il risultato finale cambierà.
Perchè nascono le assicurazioni
Un briciolo di storia dei contratti di assicurazione estrapolato dalla sempre ben informata Wikipedia può aiutarci ad inquadrare il tema.
Il più antico contratto di assicurazione registrato è stato stipulato a Genova ed è datato 13 Maggio 1189. È un contratto di assicurazione per un trasporto marittimo. Guglielmo Pevere promette a Bernardo di Valle, Guglielmo Sanito e ai loro compagni il trasporto sicuro di persone e beni a bordo della loro galera, veleggiante da Genova a Barcellona, a fronte del pagamento della cifra di 12.000 Lira genovese. Tale documento è, a tutt’oggi, custodito nell’Archivio di Stato di Genova. Nel 1225 a Venezia abbiamo un esempio di assicurazione marittima fino a 1.000 lire in cui un arciere di nome Pietro aveva garantito a dei mercanti veneziani la loro mercanzia. La merce fu depredata e l’arciere si vide sequestrate le balestre per risarcire il danno.
Le definizione formale della Treccani definisce contratto di assicurazione, un contratto con il quale una parte (assicuratore), contro pagamento di una determinata somma (premio), si obbliga a indennizzare l’altra parte (assicurato), entro i limiti convenuti, in caso di realizzazione del rischio previsto.
Secondo il codice civile un contratto di assicurazione è nullo se l‘alea (ovvero l’esistenza del rischio) non esiste al momento della sua conclusione.
L’assicurazione serve per coprire un rischio
Rischio, ricordiamo sempre questa parola quando sottoscriviamo una polizza assicurativa.
Temo di lasciare la mia famiglia senza disponibilità economiche per una mia morte prematura in età lavorativa? Sottoscrivo una polizza vita temporanea caso morte che copre questo rischio. Scelta di buon senso.
Voglio fare una vacanza e non voglio che nessun imprevisto comprometta il mio viaggio? Sottoscrivo una polizza di viaggio per stare più sereno e coprire gli imprevisti. Scelta di buon senso.
La mia casa può essere distrutta da un incendio? Copro il rischio sottoscrivendo una polizza incendio e scoppio. Scelta di buon senso.
Ma quale rischio vado a coprire quando acquisto un prodotto assicurativo che contiene fondi, azioni e obbligazioni?
Le assicurazioni si dividono fondamentalmente in due categorie. Ramo danni e ramo vita.
Oggi parlerò delle polizze appartenenti al ramo vita e più in particolare le polizze che si concentrano sulla funzione di investimento del denaro.
Le caratteristiche delle polizze vita finanziarie
Tralasciando i temi per certe persone sicuramente rilevanti della impignorabilità, insequestrabilità, esclusione dalla tassa di successione e libertà di scelta del beneficiario, la maggior parte di chi sottoscrive oggi una polizza vita finanziaria lo fa perchè spera di ottenere un rendimento positivo dai propri risparmi con rischi limitati a zero.
L’ANIA (Associazione Nazionale Imprese Assicuratrici) in un suo interessante report annuale 2020 indicava che “le assicurazioni sulla vita svolgono un duplice ruolo: da un lato, rappresentano uno strumento di risparmio alternativo attraverso cui le famiglie investono i propri risparmi e accumulano capitale e, dall’altro, costituiscono un vero e proprio ombrello di protezione nei confronti di conseguenze finanziarie avverse che possono derivare da eventi collegati con la vita umana, come l’interruzione dei flussi di reddito dovuta alla morte prematura di un membro della famiglia o la sopravvivenza al di là delle proprie possibilità finanziarie”.
Per semplificare possiamo dire che le assicurazioni ramo vita si dividono in due sottocategorie. Quelle che coprono dei rischi finanziari (premorienza, invalidità, previdenza) e quelle che rappresentano uno strumento di investimento. Su quest’ultimo caso personalmente fatico a comprendere quale rischio si vuole coprire.
Smarrito dall’assenza di remunerazione dei titoli di stato, l’investitore più incerto e prudente si è catapultato negli ultimi anni su polizze rivalutabili (sempre le nostre polizze di ramo primo) che, seppur in parabola discendente, offrono ancora oggi rendimenti annui lordi superiori al 2% (2,6% la media del 2020 fonte Ania).
Numero naturalmente al lordo di salate commissioni di gestione, di costi di ingresso (e di eventuale uscita), di tasse e inflazione. Numero tranquillamente sostituibile oggi con l’acquisto di un titolo di stato italiano che, sulla scadenza 20 anni, offre un rendimento praticamente identico ma senza costi da retrocedere a nessun intermediario.
Ma non c’è l’imposta di bollo che viene applicata su obbligazioni, fondi o ETF, dirà qualcuno.
Giusto. A parte il fatto che questa considerazione vale sono per una parte delle polizze (ad esempio le cosiddette unit linked pagano l’imposta di bollo), ma quando parliamo dell’imposta di bollo si intrecciano tanti bias cognitivi.
Il bias di conferma, che ringalluzzisce l’autostima dell’investitore quando comprende che ha fatto la scelta giusta nel sottoscrivere un prodotto sul quale non è obbligato ogni anno a pagare un balzello allo Stato.
Il bias dell’ancoraggio mentale a informazioni acquisite magari tanto tempo fa sulla base di esperienze positive e mai sottoposte a revisione critica (tipo polizze con minimi di rendimento garantito che le compagnie non emettono più).
Purtroppo il risparmio sul bollo si traduce sempre in maggiori costi del prodotto (oltre che rigidità temporale di riscatto del capitale). Quindi è un vantaggio che come appare poi scompare altrettanto velocemente.
Ma come ho detto è una questione di obiettivi.
Se il mio obiettivo dell’investimento è avere liquidità disponibile come scorta di sicurezza, la polizza vita NON è lo strumento giusto. Le penalità in caso di uscita anticipata e i tempi non rapidissimi di rientro del proprio denaro sconsigliano questa scelta.
Se il mio obiettivo è quello di far crescere il capitale nel lungo periodo, la polizza vita di ramo primo NON è lo strumento giusto. Al netto dei costi il rendimento sfiora lo zero e lo stile di investimento è molto conservativo.
Se immobilizzare l’investimento non è un problema, se la crescita del capitale non è per me un obiettivo, ma l’unico scopo è conservare il denaro per qualche anno sotto sale, allora la polizza vita tradizionale può essere considerata un prodotto interessante.
Attenzione però a non vivere di troppi ricordi.
Tempi duri per le polizze vita tradizionali
La nuova produzione assicurativa non è più in grado di offrire oggi prodotti con rendimento minimo. Il consolidamento dei proventi tende ad essere sempre meno praticato e anche il capitale garantito spesso è tale solo a certe cadenze temporali (ad esempio riscatti al quinto o decimo o ventesimo anno divita della polizza).
Quando compriamo una polizza come alternativa a un’obbligazione dobbiamo leggere e rileggere con attenzione le clausole contenute nei documenti informativi. Esercizio che spesso trascuriamo per questione di tempo, competenza e pigrizia mentale. Grosso errore visto che i soldi sono i nostri. Se non possiamo farlo da soli rivolgiamoci almeno a un professionista.
Al fianco delle polizze vita tradizionali rivalutabili, da anni le compagnie propongono le polizze ramo III (unit o index linked), ma anche ibridi tra primo e terzo ramo come le polizze Multiramo.
Perchè le polizze di ramo terzo vanno evitate
Al netto ancora una volta delle casistiche di urgenza e necessità nel separare e segregare il proprio patrimonio, e tolto anche il vantaggio dell’imposta di bollo che su questo tipo di polizze non esiste, le polizze di ramo terzo si differenziano da un prodotto assicurativo tradizionale perchè offrono al contraente la possibilità di investire in fondi per una durata temporale pari alla propria vita. La parte finanziaria si unisce a quella della durata della vita umana.
Questo contenitore di fondi scelto dal cliente (quasi fosse capace di prevedere l’andamento dei mercati) o dal consulente di fiducia (come prima) è utile per coprire qualche rischio?
Sicuramente no. Non abbiamo una garanzia del capitale, ma cerchiamo di beneficiare della crescita dei mercati finanziari acquistando fondi (che come sappiamo non battono quasi mai il mercato nel lungo periodo) incapsulati dentro un costosissimo contenitore assicurativo.
La stessa Ivass nel 2020 aveva sollevato la questione visto che un terzo di multiramo e unit linked offerte dai distributori aveva costi tra il 2,5% e il 3,5% annuo!
Il trend crescente delle polizze multiramo
Visto che le unit linked sono state giustamente demonizzate negli anni passati, gli intermediari finanziari cosa hanno fatto per continuare a piazzare questi prodotti? Hanno pensato di offrire ai propri clienti una “invitante” polizza chiamata multiramo.
Una polizza vita multiramo assembla una polizza di ramo primo con una polizza di ramo terzo.
Quindi gestione separata più unit linked (ancora lei). Ma se l’ingrediente da solo è immangiabile (polizza di ramo terzo), allora mixandolo con qualcosa di commestibile (polizza di ramo primo) forse riuscirà ad essere piazzato sul mercato. Questo hanno pensato i nostri amici assicuratori. E stando ai dati hanno avuto ragione. L’Ania indica in 37,4 miliardi (il 37% del totale dei premi), i premi raccolti nel 2020 dalle multiramo.
Di nuovo chiediamoci sempre quale rischio stiamo coprendo quando acquistiamo prodotti di questo tipo.
Forse vogliamo essere sicuri di non perdere il denaro investito? Mi dispiace ma non esiste questa garanzia per questo tipo di prodotto assicurativo.
Forse vogliamo far crescere in modo importante il capitale tramite i fondi azionari selezionati all’interno della polizza di ramo terzo? Con i costi applicati dagli intermediari bisogna confidare in performance di mercato molto generose nei prossimi anni. Sempre consapevoli che si lasceranno a produttore e collocatori una buona fetta dei guadagni che il mercato aveva riservato esclusivamente a noi.
Ma siccome non mi accontento di un misero zero virgola di rendimento, ma non voglio nemmeno stare fuori dalla fiera dei mercati, ecco che questo prodotto diventa nella mente di tanti risparmiatori il prodotto giusto. E il suo successo sul mercato lo conferma.
Le polizze multiramo rappresentano oggi lo strumento assicurativo a disposizione di chi non vuole rischiare troppo, ma nemmeno guadagnare poco. Per questo un piede sta dentro la polizza di ramo primo (conservazione) e l’altro dento quella di ramo terzo (teorica crescita).
Se avete sottoscritto una polizza di questo tipo voglio darvi un consiglio. Aumentate al massimo la percentuale di ramo primo che compone il prodotto (si arriva anche al 70%-80%) e chiedete al vostro consulente di fiducia l’applicazione degli sconti commissionali che le banche riservano ai clienti più ricchi.
Perchè il fondo pensione non ha lo stesso appeal della polizza vita?
Mi chiedo spesso perché il fondo pensione, che incorpora buona parte delle caratteristiche positive della polizza finanziaria del ventunesimo secolo (anzi c’è pure il vantaggio che non rientra nel calcolo dell’ISEE mentre la polizza sì), non ha la stessa presa sull’investitore?
Ho il sospetto che la polizza offre all’investitore un “ricordo” storico che un fondo pensione non ha nel suo DNA. La polizza offre un ancoraggio mentale. Il fondo pensione no.
Se siamo adulti di mezza età ancora oggi ricordiamo rendimenti superiori al 5% sulle polizze vita. Vediamo quel numerino fisso, che negli ultimi anni oscilla a fatica tra il 2 e il 3%, come un faro in mezzo alla nebbia dell’oceano. Ma purtroppo la remunerazione anno dopo anno inesorabilmente scende. I costi invece rimangono sempre al loro posto.
Polizza vita sì, polizza vita no
Se per mettere relativamente al sicuro una certa quota del mio patrimonio sono consapevole del costo importante che andrò a sostenere, della scarsa flessibilità e delle opportunità di crescita del mercato azionario che non coglierò in futuro, la scelta di una polizza vita rivalutabile non è una soluzione da bannare a priori dopo una attenta valutazione delle sue caratteristiche.
Se però non ho questo obiettivo in testa meglio fermarsi un attimo e riflettere. Prima di firmare qualsiasi contratto dobbiamo comprendere bene la differenza che esiste tra risparmiare per conservare denaro e risparmiare per investire denaro.
E nel secondo caso la polizza finanziaria di natura assicurativa non è mai la scelta migliore.