Ho mutuato il titolo di un famoso western di Sergio Leone, appunto il “Il buono, il brutto ed il cattivo” del 1966, per tracciare un mini-bilancio del mio lavoro di consulente dopo 10 anni che faccio questo mestiere (ho iniziato proprio nel 2013 a Fineco).
Mi è venuto in mente questo film e ho voluto usarlo come metafora, rivedendo di recente un bellissimo film di Quentin Tarantino, “C’era una volta ad Hollywood”, con due magistrali Brad Pitt e Leonardo di Caprio. Tarantino ha “studiato” sui film di Sergio Leone e gli rende omaggio regolarmente nei suoi film.

Fonte: IMDB
In questo film si narrano delle storie di attori di serie B della Hollywood di fine anni ‘60/inizi anni ’70, nonostante ci si ricordi solo degli attori di primissimo piano e dei loro film più famosi.
Ma c’era, appunto, tutto un sottobosco di attori di serie B, appunto Leonardo di Caprio, e delle loro controfigure (Brad Pitt) – che per la cronaca gli ruba la scena a mio personalissimo avviso – che sbarcavano il lunario all’ombra di attori e registi famosi che li utilizzavano di volta in volta per film più o meno riusciti.
Si parla quindi del buono, del brutto e del cattivo della vita degli attori di Hollywood di quei tempi e Tarantino usa la metafora del film di Leone per spiegare quali fossero i buoni, i brutti ed i cattivi di quei tempi.
Vi lascio vedere il film (se ne avete la possibilità si trova su Netflix), per capire da soli chi sono i buoni, i brutti e il cattivo (perché ce n’è uno solo ed è rimasto nell’immaginario collettivo americano come il cattivo per eccellenza).
Ma chi sono i buoni, i brutti e i cattivi della consulenza finanziaria?
Ma venendo a noi, consulenti finanziari, come possiamo usare la metafora del film di Sergio Leone per descrivere il buono, il brutto ed il cattivo di questo nostro mestiere?
Premetto che, per il sottoscritto, e parlo anche per i membri del mio team, questo è il mestiere più bello del mondo: puoi avere davvero un impatto positivo nella vita delle persone, aiutandoli a comprare casa, a costruirsi una pensione integrativa, a finanziare l’università dei figli, a creare un capitale per una start up, a generare reddito per aiutare i genitori e così via.
Ci vogliono però delle qualità particolari per fare questo lavoro: io stesso non le conoscevo quando ho iniziato 10 anni fa ma sono fondamentalmente tre:
1.Saper ascoltare
2. Saper diagnosticare
3. Saper gestire le emozioni dei clienti
Venivo da anni di transazioni tecniche come commerciale con clienti istituzionali (banche, assicurazioni, hedge funds ecc) e non era necessario utilizzare nessuna delle tre qualità descritte qui sopra.
Anzi, era solo una perdita di tempo perché dovevi vendere il prodotto o il servizio della tua banca: cosa dovevi ascoltare esattamente? Dovevi solo presentare al meglio delle tue possibilità il prodotto, prezzarlo bene e farci sopra le commissioni (…mi sembra di descrivere un certo lavoro adiacente al nostro di consulenti finanziari indipendenti, ma sto divagando).
Veniamo al “cattivo”
Quando ho iniziato questo lavoro nel 2013, ho capito quasi subito che, se lavori per qualcuno (una banca, una SIM, una SGR, una SICAV), devi “vendere” qualcosa.
Non ci sono giri di parole: puoi chiamarti “life banker”, o “personal financial advisor” o “senior private banker” o altri nomi altisonanti, ma alla fine al cliente gli devi piazzare il prodotto, il servizio, la consulenza e farlo pagare.
Ovviamente, mi si dirà, è lo stesso processo di adesso come consulente finanziario indipendente: non devo “vendere” la mia consulenza?
La grande differenza è che io, in primis, vendo me stesso. Non ho nessun prodotto da vendere innanzitutto, ma soprattutto non ho nessun obbligo di “prendere” un cliente se capisco che non mi stima come professionista. E viceversa; il cliente potenziale sta valutando se farsi seguire da me, ma io sto valutando se voglio averlo come cliente.
C’è una grossa differenza rispetto al “cattivo” dei primi anni. Anche perché venivamo messi in concorrenza tra noi promotori finanziari con classifiche mensili e tutti vedevano quanto uno aveva “venduto” nel mese precedente.
Chi vendeva tanto nel trimestre poi vinceva anche un viaggio premio (in posti molto esotici); ovviamente pagava qualche casa di investimento che la banca distribuiva.
Io “vinsi” qualche classifica trimestrale durante i miei 7 anni come “personal financial advisor”, ma non perché avessi venduto qualche prodotto più degli altri, ma perché erano cresciuti i clienti e i relativi patrimoni in consulenza (ho sempre lavorato a parcella e non ho mai venduto singoli fondi o prodotti).
Ma mi rifiutai sempre di andare in gita “premio”. Mi guardavano tutti come fossi un marziano, ma non avrei potuto andare a dormire la sera con la coscienza a posto, sapendo che andavo in “gita” fondamentalmente con i soldi dei clienti.
Il brutto
Come dicevo prima, ho la fortuna di potermi scegliere i clienti. Con loro il rapporto è molto stretto e forte e, al di là dei periodi in cui devo farmi in quattro per calmare i loro animi quando i mercati scendono (anche se sempre meno), ci sono momenti in cui mi consultano per momenti difficili della loro vita.
Un decesso, un divorzio, una perdita del lavoro sono solo degli esempi con i quali mi sono dovuto confrontare nel rapporto con i miei clienti. Sono eventi “brutti” in quanto eventi, non perché sia brutto il lavoro in quei frangenti.
Ma di sicuro è necessario possedere molta capacità di ascolto, sapere come cambiare il piano di navigazione finanziaria e sapere gestire le emozioni dei clienti in quei momenti.
Qualche volta hanno solo bisogno di essere ascoltati e niente più. Non servono consigli finanziari o economici. E va bene così.
Con l’avanzare della mia età (vado per i 52), anche alcuni clienti con qualche anno sulle spalle in più rispetto a me, vedono la loro età avanzare. E lo vedo anche io.
Abbiamo già scritto in passato del problema della perdita della capacità cognitiva in età avanzata e di recente mi è successo che una cliente, oltre i 75 anni di età, mi chiamasse per chiedermi informazioni su uno strumento (un ETF sui dividend aristocrats USA) che aveva in portafoglio.
Le ho spiegato di cosa si trattasse (anche se glielo avevo già spiegato altre volte) e la razionale del perché fosse in portafoglio con quel peso specifico.
Mi ha ringraziato e messo giù il telefono.
Dopo 5 minuti, mi ha richiamato e mi ha fatto la stessa identica domanda.
Come consulenti e coach finanziari, abbiamo il dovere di conoscere anche i figli dei clienti con età avanzate. Se ci sono clienti “senior” che non vogliono presentarci i figli (non perché vogliamo che diventino clienti, ma per avere un punto di riferimento in casi come questo), è un problema.
E io, spesso e volentieri, nemmeno li prendo come clienti. Perché vogliono “gestire” in autonomia dai figli il loro patrimonio anche se, spesso e volentieri, non ne hanno bisogno e sarebbe necessario gestirlo in funzione dei figli e nipoti.
Chi invece non vuole coinvolgere i figli, mi spiace, non può essere nostro cliente.
E veniamo al buono (o meglio, il bello)
Ho appunto lasciato la parte bella alla fine.
Perché gli aspetti positivi dell’essere consulente finanziario controbilanciano ampiamente quelli “cattivi” e “brutti”.
Alla base il mio lavoro è quello di far raggiungere, ai clienti, gli obiettivi finanziari che ci siamo dati insieme. Il tutto al netto del prezzo della consulenza, sapendo che bisogna sempre tenere al minimo possibile i costi.
Insieme a loro festeggio matrimoni, nascite dei figli, passaggi di carriera, nuove e inaspettate opportunità lavorative, lauree dei figli o nipoti, l’acquisto della prima casa, o quello della seconda casa dei sogni, pensionamenti e loro opere filantropiche o di volontariato.
In alcuni casi, alcuni clienti mi hanno anticipato di essere in attesa di un figlio o di una figlia, quasi prima di dirlo ai loro amici. Alla fine è importante prepararsi per i piani di accumulo per l’università ed aprire la posizione pensionistica complementare quanto prima…ma prima fateli nascere! 😊
È davvero bello vedere come sia possibile essere un attore (per quanto comprimario) delle vite di persone che si fidano di te e ti chiedono consigli anche non finanziari.
È altresì bello ricevere foto e messaggi delle loro vacanze e/o averli aiutati a comprare la loro seconda casa dei sogni.
La chiamata che preferisco è quando un cliente vuole fare un cambiamento importante nella sua vita o in quella della sua famiglia. Sono contento di poterli aiutare, modificando il loro piano di navigazione finanziaria e fargli vedere come e quando può realizzare questo cambiamento.
Queste sono decisioni importanti che cambiano la vita delle persone e dei clienti perché lo desiderano loro e per avere una vita più felice e appagante. E anche se sono solo un attore comprimario di queste decisioni, non do mai niente per scontato e applico ancora di più tutta la mia etica e diligenza professionale.
In definitiva: brutto, cattivo o bello?
La carriera di consulente finanziario indipendente non è per tutti. Devi essere a tuo agio e disponibile a formare relazioni profonde con le persone di cui sei consulente. È necessario sacrificare molto del tuo tempo e della tua mente ai tuoi clienti. Non ci sono sabati o domeniche (anche se i clienti sono rispettosi e sanno che possono aspettare il lunedì, ma alle volte non ce la fanno 😊). Devi essere pronto ad avere conversazioni difficili e complicate ed anche ad essere messo in discussione.
Ma la gioia di questo lavoro è proprio nella sfida di tenere tutto insieme. E, soprattutto, vedere i risultati concreti e positivi del tuo lavoro nella vita delle persone è la ricompensa perfetta di un lavoro quasi “perfetto”.
Buon investimento a tutti!