By |Categorie: Investimento|Pubblicato il: 11 Febbraio, 2016|

Lance Roberts è un ottimo advisor americano che diverse volte all’anno pubblica articoli in cui cerca di sfatare alcuni luoghi comuni circa le tecniche di investimento e soprattutto i rendimenti che questi generano nel tempo. Di uno di questi ne abbiamo già parlato nel post “Il rendimento storico delle azioni, un mito da sfatare”. Oggi vogliamo approfondire un altro di questi “miti da sfatare” sul quale sono pienamente d’accordo con Lance, ovvero l’accuratezza delle simulazioni di lungo periodo effettuate dai consulenti finanziari nella creazione di un piano di investimento.
Quando vengono pianificati degli investimenti sapete bene che è sempre buona cosa creare degli scenari di rendimento. Sulla base di questi potremo cercare di capire tempi e quantità di risparmio che occorreranno per raggiungere presumibilmente l’obiettivo finale.

L’errore che molti consulenti finanziari fanno nel prospettare le possibili evoluzioni dei capitali dei propri clienti è quello di proiettare in avanti una serie di rendimenti nominali che, per effetto della capitalizzazione composta, aumenteranno il montante finale fino ad una certa cifra. Questo accade per semplicità, risparmio di tempo e costo, procedure informatiche non sempre adeguate, ma anche e soprattutto per ottenere numeri più elevati che fanno luccicare gli occhi a chi è incerto nell’investire il proprio denaro.

Parere personale. Questa cosa rappresenta uno dei campi sui quali i consulenti del futuro dovranno giocoforza sfruttare per poter competere con advisor sempre più tecnologicamente avanzati e spesso e volentieri neanche “umani”. Saper spiegare in modo trasparente e soprattutto educare il cliente sulla materia investimenti, è un qualcosa che si è sempre evitato per vari motivi, ma che credo invece d’ora in avanti potrà (e dovrà) essere dato in contropartita alla clientela. In questo modo la stessa clientela sarà più propensa a pagare una commissione per un servizio di consulenza che percepirà come ad alto valore aggiunto.

Quando cadranno definitivamente le “credenze” dei clienti sulle presunte capacità del consulente di battere il mercato, allora finalmente vedremo un bel salto in avanti anche in questo mondo.

Detto questo torniamo al modo più corretto di generare scenari di rendimento. I metodi sono svariati e non mi dilungherò certo qui sul blog. Ogni volta bisogna però sempre tenere presente che le medie di rendimento del passato non necessariamente si ripeteranno; pensare che l’azionario offrirà da qui ai prossimi 30 anni tassi di crescita annua del 8% piuttosto che del 10% è lecito, ma non ha ovviamente nessun fondamento di certezza soprattutto in un mondo piombato in deflazione.

Penso sia più ragionevole simulare fin dall’inizio scenari basati su rendimenti annui più conservativi, ma qui viene un altro nodo critico. La capitalizzazione composta degli interessi non si muove sempre in modo lineare quando investite con portafogli diversificati e bilanciati (ogni anno avete un rendimento fisso del 7% dai vostri investimenti), ma subisce oscillazioni (a volte si possono anche avere perdite). E’ quindi impossibile assistere a movimenti parabolici come spesso si vedono nelle simulazioni dei software lasciando piuttosto spazio a grafici a dente di sega inclinati nella maggior parte dei casi verso l’alto. Sappiamo anche che i rendimenti di un investimento possono cambiare nel lungo periodo per effetto del QUANDO si comincia ad investire e la fortuna in diverse occasioni ci mette lo zampino.

Eventi imprevedibili come imprevedibili risultano essere tasse applicate dallo stato sui guadagni, costi dei prodotti ed inflazione. Tutti parametri che non possiamo conoscere a priori con certezza, ma che dobbiamo stimare nelle nostre simulazioni per non passare la vita sacrificando acquisti e divertimenti in vista di un obiettivo che diventa sempre più lontano proprio per errori di stima fatti nella fase iniziale.

Lance Roberts a questo proposito ha creato un grafico molto bello che parte dal 1965 e che ci mostra come un rendimento annuo composto del 7% (linea rossa) si ridimensiona nel corso del tempo proprio per effetto di tasse, costi ed inflazione. Un gap di performance che l’investitore probabilmente non aveva previsto.

gap rendimento storico
Magari siete stati esemplari nell’asset allocation, ma non considerare che lo stato, il costo della vita ed il gestore attivo o passivo che sia vi avrebbero chiesto il conto, è stato un errore molto grave. Dopo tanti anni questa trascuratezza apparentemente insignificante non potrà più essere recuperata traducendosi nel fallimento del vostro obiettivo di investimento.

Leggi anche: Il rendimento storico delle azioni, un mito da sfatare

                        Immaginare uno scenario realistico di rendimento

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