Sono passati poco più di otto anni da quando Lehman Brothers fallì in quel drammatico 15 settembre del 2008. Il mondo sembrava sull’orlo del collasso finanziario, la depressione del ’29 era quasi inevitabile ed i prezzi delle azioni in caduta libera, molte attività obbligazionarie illiquide. Detto questo, per ricordare a me stesso che pure nei momenti più drammatici il discorso dell’orizzonte temporale è importante quanto e come quello sulla diversificazione, mi piace tirare le somme di dove ci troviamo ora rispetto a quei momenti (vi consiglio di leggervi anche questo post – Che bella palestra il 2000)
La tabella che segue riporta al 30 settembre 2016 l’andamento degli indici azionari mondiali a partire dal 16 ottobre 2008. Gli indici sono espressi in dollari per avere uniformità di giudizio ed alla performance complessiva affianchiamo il Cagr (tasso di rendimento annuo composto). Non abbiamo inserito la volatilità perché in questo caso ci interessa la direzione non tanto la rischiosità.
Purtroppo per gli investitori italiani l’home bias (ovvero l’affezionarsi al mercato locale perché si pensa di conoscerlo e controllarlo meglio) è stata una pessima scelta, ma non solo. E’ stata una pessima scelta pure puntare su temi geografici specifici (Russia, Brasile, ecc…).
Siccome sono sicuro che nessuno mi dimostrerà di aver previsto correttamente i primi tre posti della graduatoria, vorrei porre la vostra attenzione sulle due linee grigie. Azionario mondiale ed azionario emergente hanno offerto un rendimento annuo di tutto rispetto, ma soprattutto un rendimento filtrato da tutte quelle code positive e negative della classifiche, code imprevedibili.
Stesso discorso vale per gli investimenti settoriali. Classifica spaccata in due. C’è chi è in doppia cifra che in singola cifra e di poco sopra l’1%. Difficile sarebbe stato a priori sapere quale settore avrebbe vinto la sfida 8 anni dopo, ma soprattutto difficile sapere chi sarà il vincitore fra 8 anni.
Chiudiamo con i concorrenti naturali dell’azionario. Il mondo bond ha goduto di una eccellente finestra favorevole di ribasso dei tassi, ma i numeri dimostrano come l’azionario è stato complessivamente vincente. Certo non di tanto, ma ancora una volta un classico portafoglio 60/40 avrebbe fornito le tutele maggiori all’investitore. Ereticamente abbiamo inserito anche l’oro che ben si è comportato dallo scoppio della crisi per effetto della politica monetaria di tassi bassi (e reali negativi) adottata dalle Banche Centrali.
Che dire se non che le soddisfazioni per chi ha saputo diversificare ed evitare le scommesse non sono mancate. Per il futuro non resta che augurarsi che il buon senso continui a dimostrare la sua valenza nel lungo periodo.
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