Indipedenza finanziaria, vivere di rendita, FIRE. Queste sono le parole che vanno per la maggiore in rete, con articoli e video che alcune volte hanno la stessa profondità di analisi del tabaccaio di fiducia che ci illustra le grandi potenzialità di WinforLife, la lotteria dove chi vince si assicura un congruo numero di anni di rendita sulle spalle dello Stato italiano, omettendo di raccontare le probabilità di successo.
La libertà finanziaria andrà sempre di moda
L’argomento indipendenza (o libertà) finanziaria è molto di moda nella blogosfera italiana sull’onda di alcuni celebri blogger americani come Mr. Money Moustache, all’anagrafe canadese noto come Peter Adeney, che all’età 30 anni si è ritirato dal lavoro per vivere di rendita nella sua casetta in Colorado.
La realtà purtroppo è un po’ meno pittoresca di quello che ci raccontano personaggi quasi mitologici come Mr. Money Mustache che hanno vissuto in modo molto austero la gioventù (sacrificio), lavorato e risparmiato moltissimo (sacrificio), investito i dollari in mercati decisamente volatili ad alto rendimento atteso (rischio). In caso di ventennio perso stile anni ’70 quando obbligazioni e azioni non offrirono nessun supporto al tenore di vita, Mr. Money Mustache non sarebbe arrivato ovviamente allo stesso risultato in tempi relativamente brevi. Ennesima conferma che per queste ricette serve sacrificio, alta sopportazione del rischio finanziario e ovviamente tanta fortuna.
Quando si ragiona sull’indipendenza finanziaria alla quale può ambire un risparmiatore medio italiano che non intende ridurre drasticamente il tenore di vita attuale, al netto di tasse, costi e inflazione, il risultato al quale si pensa nella maggior parte dei casi è anticipare di qualche anno l’età della pensione. Ma ci sono una serie di fattori che vanno considerati con molta attenzione. Il primo, come già anticipato, è quello del non conoscere in quale ambiente e di quanto cresceranno i risparmi accumulati nel tempo se investiti sui mercati.
In pochi raccontano che ad esempio la storia del pensionato che decise il primo gennaio 1966 di vivere di rendita prelevando il 7% del capitale investito in un portafoglio bilanciato. In 13 anni soldi esauriti.
Ok, il 7% era troppo ambizioso e allora possiamo dire che con il 5% di prelievo annuo i soldi sarebbero terminati in 20 anni. Solo con il mitico 4% il nostro amico pensionato avrebbe visto il capitale sopravvivere più di 30 anni ma con un capitale residuo comunque ridotto della metà (messaggio doveroso agli eredi).
La prima cosa da sapere quando decidiamo di vivere di rendita…non la conosciamo
Il primo aspetto fondamentale per avere una stima attendibile di quanto capitale serve per vivere di rendita è comprendere quanto lungo sarà il nostro percorso di vita.
Ne abbiamo già discusso in modo approfondito in questo articolo “Il rischio di vivere troppo e risparmiare troppo poco”. Non si possono avere certezze, ma fare stime attendibili e soprattutto conservative quello sì e nell’articolo ho abbozzato qualche indicazione pratica per tentare di stimare con la miglior precisione possibile ciò che non possiamo ovviamente conoscere in anticipo.
Ritirarsi dal mondo del lavoro con 1 milione di euro a 50 anni pensando di poter vivere senza fare nulla e prelevando il 10% all’anno del capitale (perché le borse mediamente hanno reso il 10% ogni anno) è come scendere il passo Gavia in bicicletta senza freni.
Il tasso di prelievo vero ci sbatte in faccia la realtà
Facendo leva sul buon senso e la statistica, definito l’orizzonte temporale più adeguato, i più frettolosi vorrebbero subito passare alla cassa sparando numeri quasi si trattasse di una lotteria. Con 40mila euro all’anno dovrei essere a posto dice qualcuno. E se prelevo 50mila? Tanto i mercati azionari avranno rendimenti in doppia cifra nei prossimi anni giusto? Quindi quanto mi serve? Posso licenziarmi con 100mila euro? 500mila? 1 milione di euro?
E qui molto spesso il sogno venduto dallo youtuber de casa nostra che non conosce realmente la situazione di ciascuno di voi si spegne di fronte alla dura realtà.
Per vivere di rendita servono soldi, tanti soldi. Prudenza e pianificazione nell’utilizzarli.
Esistono naturalmente eccezioni di estrema frugalità e minimalismo che permettono di abbassare le pretese a capitali più accessibili.
Se però nessuno ci mette di fronte a questi due punti fermi, tanto capitale e prudenza nella pianificazione, semplicemente vivremo dentro una favoletta prima del brusco risveglio.
Secondo step, creare un affidabile e imparziale budget familiare
Il secondo passaggio da fare prima di sognare a occhi aperti l’indipendenza finanziaria è comprendere quali saranno le nostre fonti di reddito prevedibilmente certe in entrata (affitti, dividendi, lavoro part time, pensione pubblica, ecc…), ma anche le spese mensili e le tasse che saremo costretti a sborsare materialmente.
Non mi stancherò mai di ripeterlo. Un bilancio familiare costi-ricavi è fondamentale per pianificare il futuro. Dai 18 anni in su. Perché tenere un bilancio familiare aumenta la nostra ricchezza è l’articolo che abbiamo dedicato al tema.
Tracciate le spese potremo comprendere quelle incomprimibili (bollette, affitto, cibo, ecc…) e quelle non essenziali.
Se l’obiettivo è vivere senza lavorare abbracciando la filosofia minimalista potremo accontentarci di coprire le prime con un margine di sicurezza adeguato per gli imprevisti. Anche di questo abbiamo parlato nell’articolo “Conto di emergenza, perché non farne a meno e come costruirlo”.
Terzo passo, definire un tasso di prelievo sostenibile
Se invece vogliamo vivere senza lavorare viaggiando spesso, uscendo con gli amici al ristorante tre volte alla settimana o partecipando a eventi mondani naturalmente a pagamento, allora dovremo tenere conto anche di altre voci di spesa alzando l’asticella del famoso tasso di prelievo annuo del capitale. In questo articolo ” Tasso di prelievo, la percentuale che decide il destino dell’indipendenza finanziaria” abbiamo spiegato per quale motivo il tasso di prelievo è uno dei fattori decisivi nel determinare il successo (o l’insuccesso) della nostra vita finanziaria futura.
Il processo di pianificazione quando arriva al budget familiare subisce spesso uno stop.
Poche famiglie hanno la costanza di annotare entrate e uscite; ancora meno sono quelle che cercando di creare dei budget di spesa.
Pianificare su queste basi diventa ovviamente più complesso e a rischio di errore.
Comprendo le difficoltà, la nostra mente fatica a ragionare in questo modo. Bravissima quanto a istinto di sopravvivenza, più in difficoltà quando deve pianificare a lungo termine.
Le stesse istituzioni pubbliche e private, pur di giustificare i propri interessi e liquidare in modo semplicistico certe tematiche, tendono a utilizzare le informazioni in modo distorto.
Il mitologico tasso di sostituzione
Un esempio classico è il famoso tasso di sostituzione, ovvero il rapporto percentuale tra la prima pensione percepita e l’ultimo stipendio.
Al lupo al lupo potrebbe essere addirittura del 70% vi racconteranno alcuni consulenti bancari desiderosi di vendervi un costoso fondo pensione o un piano individuale pensionistico (PIP). E quindi?
Avere una pensione pari al 70% dell’ultimo stipendio è tanto? Poco? Come facciamo a saperlo se non abbiamo una contabilità familiare.
Se risparmiamo oggi il 30% dello stipendio, un tasso di sostituzione del 70% ci permetterebbe di mantenere l’attuale tenore di vita anche dopo la pensione. Smetteremmo di risparmiare e amen visto che entriamo nella fase del decumulo.
In pieno bias di ancoraggio mentale vediamo l’ultimo stipendio da lavoratore come un totem che non dovrebbe essere mai scalfito, se non in minima parte. Ci sentiamo quasi derubati.
Nel corso della nostra esistenza con una quota significativa di quell’ultimo stipendio abbiamo pagato un mutuo che non esiste più, mantenuto figli che non vivono più in famiglia, riempito settimanalmente serbatoi dell’auto che usiamo sempre meno, risparmiato soldi versandoli al fondo pensione, pagate tasse più alte. Uscite che probabilmente non affronteremo in futuro oppure saranno molto ridimensionate.
Al soggetto pubblico impaurire serve per cercare di stimolare il lavoratore a crearsi una pensione di scorta in vista di assegni più magri e tempi più lunghi di permanenza al lavoro. Il che ha senso dal punto di vista finanziario (ritardare la pensione aumenta in modo considerevole l’assegno vitalizio), ma potrebbe non avere senso per chi ha già tutto quello che serve per vivere bene.
Al soggetto privato in evidente conflitto di interesse (banche ed ex reti di promozione finanziaria), al fine nobile di avvertire le persone che potrebbe profilarsi una drastica riduzione del tenore di vita per i motivi di cui sopra, purtroppo spesso si affianca spesso una discreta dose di terrorismo mediatico creato ad arte per costringere le persone a investire di più in prodotti costosi e non tutti degni di toccare il sacro suolo delle nostre finanze personali.
Prima di arrivare a questo serve un lavoro di autoanalisi del bilancio familiare presente e, nel limite del possibile, futuro. Che né il soggetto pubblico, né le banche credo vi abbiano mai chiesto di fare.
Noi invece vi chiediamo di condurre questa analisi (è uno dei check up che caratterizza la fase di “imbarco” dei nostri nuovi clienti se l’obiettivo ha a che fare con la previdenza integrativa e il vivere di rendita), spiegandovi anche a come rimediare all’assenza di contabilità familiare. Ad esempio utilizzando quelle che sono le spese medie della popolazione italiana. Sicuramente avremo più visibilità sul futuro rispetto al nulla.
Quanto spendono in media le famiglie italiane
Se avremo tempo e voglia raffineremo sulla base delle nostre esigenze e condizione i dati, ma per chi non ha idea di quanto spende ogni mese (ma anche per chi questa idea ce l’ha), consiglio di andare sul sito dell’Istat e scaricarsi le tavole in formato Excel delle spese medie mensili per famiglia.
Trovate tutto il necessario qui.
La spesa media mensile per una famiglia italiana nel 2021 è stata di 2.437€ con evidenti differenze geografiche, per livello di istruzione e anagrafica.
Entrando nel dettaglio delle condizioni lavorative scopriamo ad esempio che, rispetto alla media, un pensionato spende circa il 9% in meno al mese.

Fonte: Istat – SPESE PER CONSUMI DELLE FAMIGLIE 2021
Un impiegato, quadro e dirigente spende invece il 27% in più rispetto alla media e circa il 38% in più rispetto al pensionato.
Capite già dove sto arrivando vero?
Su quel famoso tasso di sostituzione venduto come tragedia dei futuri pensionati bisogna sempre ragionarci su, comprendere cosa significa e, solo se servono, attivare dei correttivi.
Risparmiare e investire sono due gesti che ovviamente consiglio sempre di praticare per migliorare il nostro futuro benessere finanziario.
La vita però va anche vissuta, sia durante la fase di accumulo che in quella di decumulo.
A volte si risparmia anche più del necessario durante l’accumulazione. Diventiamo dei risparmiatori seriali.
Altre volte si sottostima quanti anni avremo ancora davanti per vivere da soli o in coppia e rischiamo di sopravvivere al nostro capitale creando una vera e propria tragedia finanziaria.
E senza una rotta da seguire il rischio di fare le cose sbagliate è elevato.
Con la consapevolezza che un po’ di flessibilità è necessaria per il mutare delle condizioni di vita, creare delle stime di spesa familiari attendibili prima di festeggiare (o pianificare) il ritiro dal mondo del lavoro senza pensieri è opportuno e consigliato.
Per confrontare una tipica famiglia con 2 figli alla condizione di una coppia di pensionati (o di un single pensionato) ho selezionato dalle tavole Istat delle spese mensili alcune voci di spesa che presentano differenze significative.

Fonte: Istat – SPESE PER CONSUMI DELLE FAMIGLIE 2021
E’ normale che una famiglia di pensionati nell’arco di un mese spenda decisamente meno di una famiglia con figli a carico. No mutuo, no rette e libri scolastici, no pranzo al lavoro, no pendolarismo, no polizza temporanea caso morte, no fondo pensione, meno cene al ristorante, meno tasse e via così.
Aumenteranno i costi delle bollette, aumenteranno le spese per la salute, ma sempre molto meno di quanto diminuiranno altri capitoli di spesa come i trasporti, l’abbigliamento o i servizi di ristorazione.
Ecco perché quando si pensa all’indipendenza finanziaria, il reale bisogno di capitale necessario durante il viaggio dipenderà dal momento della vita nel quale decideremo di intraprenderlo. Il serbatoio potrà essere più o meno pieno a seconda dell’autonomia che ci servirà per raggiungere la meta.
Definito un livello di spesa accettabile e attendibile per la nostra condizione familiare futura (e ricordando sempre di aumentarlo ogni anno per un congruo tasso di inflazione personale), abbiamo definito un tassello importante che sarà utile per pianificare il capitale veramente necessario per assicurarci una vera libertà finanziaria.
La diretta conseguenza di tutto questo sarà la definizione di quel tasso di prelievo annuo del capitale privato che rappresenta il numero più importante di questo complesso esercizio per avere una elevata probabilità di successo finale. Ovvero non sopravvivere al nostro patrimonio finanziario, forse il rischio più grande che si correrà in questa fase.
Buon investimento.
Molto interessante cime sempre, grazie
Un dubbio che mi assilla però: ma perché si parla sempre di tasso di prelievo e mai di portafoglio a distribuzione di dividendi. La risposta la conosco ( è piu efficuente, etc) ma la vera domanda è,: se i trovo psicologicamente piu a mio agio con pt a distribuzione, posso farlo o è del tutto una follia ?
Ciao Ale e grazie a te.
Tasso di prelievo si riferisce ovviamente a chi in pensione o in early retirement c’è già. Qui si apre l’eterno dibattito tra chi si schiera nell’accumulo vs distribuzione. La risposta come sempre è dipende.
Dipende prima di tutto dal quantificare questi dividendi, integrarli con pensione e altre rendite passive e vedere se bastano. Se non è così comunque una quota di capitale dovrà essere staccata vendendo sul mercato.
Finanziariamente (e fiscalmente) parlando è ovviamente più efficiente il prodotto ad accumulazione con vendita al bisogno (anche se costa un pò di più compreso lo sbattimento), io non sono però di questa scuola di pensiero.
Infatti mi sto “preparando” con fondi a distribuzione.
I motivi sono vari. Intanto di confidenza mia personale nell’avere flussi di cassa periodici certi che anche psicologicamente mi renderanno più “appagato”. Poi perché, facendo i dovuti scongiuri -), potrebbe succedere che la mia famiglia ad un certo punto si trovi a dover gestire da sola il patrimonio. Avergli già pianificato i flussi in ingresso è un vantaggio di non poco ponto.
E poi soprattutto (ho scritto anche un articolo sul tema), nel corso della vecchiaia sarà inevitabile la perdita di alcune abilità cognitive e di nuovo, chi ci penserà a vendere tutti i mesi X quote andando ad aggiornare un file excel?
Questi sono solo alcuni dei motivi, ma tutto va pianificato nel dettaglio con un piano che tenga conto di questi e altri fattori. Se sei interessato allo studio di un piano dettagliato di decumulo siamo a disposizione per fare le opportune valutazioni. A presto