Tutti pazzi per gli ETF verrebbe da dire. In qualsiasi video a tema finanza personale e investimenti che appare regolarmente tra i miei consigliati su Youtube, i fondi di investimento sembrano essere diventati delle monetine medievali fuoricorso.
I fuffa guru “de casa nostra” risolvono la questione di come investire per diventare ricchi consigliando l’acquisto di qualche ETF (ovviamente sottolineando che non è una raccomandazione di investimento), con un condimento di esoteriche tecniche a leva (senza rendere pubblico nessun track record certificato), che si sommano a presunte capacità di preveggenza su quale geografia, tema di investimento, stile e società faranno meglio del mercato nei prossimi 5 anni (quelli che secondo i ciarlatani del ventunesimo secolo sono gli anni sufficienti per diventare finanziariamente indipendenti, omettendo colpevolmente di dire chi sarà il beneficiario di questo sbalorditivo evento).
Allo strumento finanziario ETF abbiamo dedicato una serie educativa completamente gratuita alla quale rimando per un doveroso approfondimento. Per chi questo percorso l’ha già esplorato, l’articolo di oggi è una ideale appendice di quei contenuti che mira a sfatare alcuni luoghi comuni sugli ETF. Vediamoli insieme.
Luogo comune n.1: Gli ETF ad accumulazione evitano la doppia tassazione dei dividendi esteri, quelli a distribuzione no
Falso. La distribuzione di un dividendo da parte di un ETF produce effetto fiscale come reddito da capitale tassato secondo la normativa italiana. Per l’ETF ad accumulazione questo accade nel momento in cui si vendono, in utile, quote dello strumento.
La withholding tax è un’altra cosa. Si tratta di un’imposta che viene applicata dai paesi dai quali provengono dividendi o in alcuni casi anche cedole.
I dividendi provenienti da società americane sono il caso più classico, ma non l’unico. Il dividendo pagato dalla Coca Cola di turno subirà un primo prelievo variabile dal 30% al 15% in capo all’ETF e poi, a seconda della politica di distribuzione dei proventi dell’ETF, un nuovo prelievo del 26% in Italia all’atto del realizzo.
Luogo comune n.2: Gli ETF a replica sintetica sono sempre da evitare
Dipende. Se ragioniamo su ETF 100% USA magari con alti dividendi, si possono fare considerazioni di rischio opportunità che non rendono scartabile a priori la replica sintetica.
Al rischio (ormai ampiamente regolamentato) di esposizione verso controparti che stipulano contratti derivati per permettere all’ETF di replicare l’indice, si affianca l’opportunità di ottenere performance più alte proprio perché viene evitata la doppia tassazione dei dividendi USA citata al punto 1. Trattandosi di contratti derivati infatti non scatta la withholding tax e l’unica tassazione applicata sarà quella prevista dall’Italia (il 26%).
L’impatto positivo di questo fattore è facilmente visibile confrontando le performance di ETF a replica fisica con ETF a replica sintetica (Invesco è un ETF a replica sintetica, gli altri no).
Luogo comune n.3: Le performance dei fondi ad accumulazione e distribuzione dei proventi sono diverse
Falso. La distribuzione di un dividendo all’investitore non incide sulla politica di gestione e sul portafoglio dell’ETF.
Il gestore lavorerà su un portafoglio di base per tutti gli investitori. Quello che cambierà sarà la politica di distribuzione dei proventi e, naturalmente, il codice isin dei prodotti.
Nessuna incidenza sul risultato dello strumento prima dell’evento. Anche in questo caso la verifica empirica conferma (le marginali differenze sono dovute alla liquidità dello strumento in borsa nel momento di definizione di chiusura del prezzo di giornata e a infinitesimali fenomeno di “cash drag” provocata dalla quantità di liquidità non investita nelle giornate di distribuzione agli azionisti).
Tralasciando considerazioni relative alla preferenza della classe ad accumulazione rispetto a quella a distribuzione nel lungo periodo per catturare il buono dell’interesse composto, la convenienza a possedere un ETF ad accumulazione rispetto a uno a distribuzione dipende poi dal luogo di residenza.
In Italia il trattamento fiscale favorisce lo strumento ad accumulazione, in Svizzera e Gran Bretagna è indifferente. In Germania è preferibile la distribuzione dei dividendi.
Luogo comune n.4: Il costo dell’ETF (TER) è la migliore misura per scegliere lo strumento
Falso. Per chi fa investimenti di lungo periodo non sono le spese correnti (o TER) l’indicatore migliore per scegliere l’ETF ideale da inserire in portafoglio.
È la tracking difference (TD) che, incorporando le spese all’interno della sua misurazione (assieme ad altri elementi di costo e ricavo non visibili) che rappresenta l’indicatore migliore per scegliere quale ETF sta facendo meglio il suo lavoro, con una sottile e non insignificante postilla.
Visto che gli ETF hanno la tendenza a far scendere le spese correnti ogni tanto, le analisi di TD dovranno tenere conto di questo fattore, altrimenti riporteranno risultati fuorvianti circa il passato più o meno recente di quello specifico strumento.
Luogo comune n.5: Gli ETF che battono l’indice sono più bravi
Nì. Gli indici applicano solitamente un metodo di calcolo della performance che determina il Total Net Index Return.
Questo significa, ad esempio, che la performance di un indice è nettizzata dalla peggiore tassazione presente nel paese di stacco del provento. Nel caso dei dividendi USA il 30%.
ETF che investono sempre in azioni americane, ma domiciliati in Irlanda, subiscono invece una tassazione del 15% per effetto di accordi bilaterali con gli USA e questo numericamente offre una vantaggio statistico all’ETF rispetto all’indice.
Luogo comune n.6: Un ETF 100% America è soggetto a un rischio cambio dollaro 100%
Formalmente sì, le azioni sono quotate in dollari negli Stati Uniti e l’ETF è acquistato in euro se armonizzato; effettivamente non è però così.
Se ad esempio prendiamo l’indice MSCI All Country World Index, oltre il 60% dell’indice è composto da azioni denominate in Usd, ma solo poco meno del 30% dei ricavi delle società US proviene dal mercato nord americano.
Per tutto il resto l’esposizione al rischio di cambio sarà su altre valute (oppure assente) rendendo la copertura totale Eur hedged non così precisa come ci si potrebbe attendere.
Diverso il discorso sui mercati obbligazionari dove invece la copertura è integrale e totale.
Grazie.
Alessandra
Buongiorno Dr. Biagi,
leggo sempre con molto interesse i suoi articoli, fra l´ altro, molto interessanti ed educativi.
A questo proposito, mi piacerebbe capire, come mai , per il trattamento fiscali sui dividendi in Germania e´ preferibile scegliere ETF a distribuzione.
La ringrazio per la Sua risposta e Le auguro un buon lavoro.
Cordiali saluti.
Grazie dei complimenti.
Per quello che riguarda il trattamento dei dividendi europei e anche tedeschi la rimando all’articolo del mio amico Raph di Bankeronwheels.com dove viene citata la soglia di esenzione dal pagamento di tasse sui dividendi presente in Germania (Distributing ETFs are usually preferred until exemption threshold (Sparerpauschbetrag) is reached).
Non conosco nello specifico a quanto ammonta questa soglia e ovviamente ogni valutazione va fatta anche su questo valore.