By |Categorie: Investimento|Pubblicato il: 22 Dicembre, 2016|

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Di decennio perduto per Europa e mondo emergente si può certamente parlare adesso che stiamo per cominciare il 2017. I confronti sulla decade appena archiviata 2006-2016 sono infatti impietosi per le due geografie azionarie.

Portare a casa l’1,4% (azionario Euro) e l’1,7% (azionario emergente) come rendimento annuo composto, rappresenta  in termini reali una performance insufficiente a coprire la perdita di potere d’acquisto accumulato nell’ultima decade. Su questo punto ritorneremo dopo perchè sono doverose alcune precisazioni che ridimensionano un attimo questi dati.

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Fonte: Metastock al 20/12/2016

Basti pensare che per i paesi emergenti l’inflazione media a livello complessivo è stata negli ultimi 10 anni del 5%, mentre per la zona Euro il risultato è stato questo.

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Con un tasso medio del 1,8% anche in Europa il mercato più volatile e rischioso non ha permesso di coprire nemmeno con i dividendi la perdita del potere d’acquisto. Possiamo quindi dire serenamente che non sempre il lungo periodo (inteso come 10 anni) ripaga gli investitori azionari. Ecco perchè spesso e volentieri ricordiamo che i dati del passato sono utili statistiche, ma basare i proprio piani di investimento esclusivamente su di essi è un’errore.

Per onestà intellettuale vale però la pena sottolineare due cose. La prima.

La stessa analisi l’anno passato avrebbe portato a rendimenti reali e nominali decisamente più elevati, ma già da quest’anno si paga l’apertura di quella finestra temporale in cui le borse fecero segnare massimi importanti (2006-2007) prima del crollo verticale del 2008-2009. Stiamo vedendo di fatto i risultati ottenuti dagli investitori Paperino del 2006-2007.

Andando ad esempio ad analizzare il tasso annuo composto di rendimento del Msci Emu (azioni europee) degli ultimi 20 anni otteniamo un 5,9% certamente in calo rispetto al 7% di un anno fa, ma comunque soddisfacente e che ci ricorda come il lungo periodo non garantisce nulla ma smussa molte problematiche.

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Il secondo punto è questo. Gli indici analizzati qui sono espressi in Dollari e bisogna sempre tenere presente che il biglietto verde da fine 2006 ad oggi si è rafforzato mediamente del 20% (Dollar Index). Chiaramente un investitore europeo che avesse investito in un indice americano avrebbe ottenuto una performance superiore a quella dell’indice per l’aggiunta del plusvalore valutario.

Se delusione si può ravvisare su questi due fronti regionali, non si sta nemmeno allegri sul fronte azionario mondiale. Il 3,9% di rendimento annuo composto non può che essere deludente mantenendo di fatto sotto al 6% (5,7% per la precisione) il premio annuo riscosso per aver investito in azioni mondiali negli ultimi 20 anni. Un sentito grazie all’America che con il suo 7.3% di rendimento annuo nell’ultima decade ha tirato la carretta.

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Che dire in conclusione? I decenni persi servono proprio per acquistare a valutazioni più convenienti mercati deludenti. Non c’è la garanzia che il prossimo decennio risulti essere florido e ricco di soddisfazioni per tutti. Non c’è nemmeno la garanzia che il prossimo decennio possa vedere emergenti ed Europa in testa alla classifica delle performance.

E’ però un dato di fatto che ci sono aree economiche del mondo con valutazioni interessanti lato azionario e certamente non in bolla speculativa. Diversificare la geografia di investimento dovrà essere un mantra per i prossimi anni ricordando sempre che in finanza il principio del ritorno verso la media nel lungo periodo tende ad essere una grande arma vincente (a costo zero).

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