In questo post avevamo visto quale è stato il comportamento dei cosidetti ETF Smart Beta durante la fase correttiva del mercato. Abbiamo avuto delle risposte e delle conferme, ma questa marketing mania che sta coinvolgendo tutto il mondo degli ETF rischia come sempre di fare molti danni occultando i potenziali benefici.
Il punto centrale in ogni tipo di investimento è che non esiste quello buono per tutte le stagioni. Investire in azionario americano piuttosto che europeo o emergente o legato alle small caps può portare a risultare a risultati migliori, peggiori o neutrali.
Quello che vedete qui sotto è stato l’andamento degli ultimi 10 anni per asset class. Il mosaico colorato è molto mosso e chi è stato il migliore un anno spesso scala nella parte bassa della classifica l’anno successivo. Ecco perché si predica la diversificazione e non la scommessa. Nessuno ha la sfera di cristallo e sapere l’anno dopo dove si collocherà in classifica un certo di investimento è una pura utopia.
Tornando ai nostri ETF Smart Beta, Vanguard ha pubblicato uno studio molto interessante in cui mette proprio a confronto l’andamento degli ultimi 10 anni di questi “factor based investments”. Dentro ci sono tutti i classici Smart Beta, dal nostro preferito in fase di discesa dei mercati (Low Volatility) a quello più aggressivo che cavalca il trend di mercato (Momentum).
Il grafico successivo è il cugino di quello appena visto e nell’intervallo 2005-2015 e ci mostra le performances in eccesso rispetto ad un classico investimento in Treasury privo di rischio. Anche in questo caso non emerge un fattore di investimento migliore degli altri in modo costante durante la decade analizzata.
Sceglierne uno piuttosto che un altro sulla base delle proprie convinzioni di mercato è un po’ come tirare la monetina. Deleterio poi diventa il comportamento di chi confida in uno scenario utilizzando certi strumenti ETF Smart Beta che presumibilmente assecondano quelle ipotesi di mercato che abbiamo in testa. Viceversa più aumenta la componente azionaria aggressiva del portafoglio più sarebbe saggio smussare la volatilità con ETF che “pagano” meno nelle fasi di impennata decisa delle quotazioni azionarie.
Detto quindi che non esiste un fattore in grado di sovraperformare gli altri nel lungo periodo, abbiamo la certezza di come una costruzione di portafoglio basata su questi elementi rappresenta una scelta attiva di investimento con tutte le conseguenze del caso.
Il grafico successivo ci mostra poi come a diversi livelli di ritorno in eccesso da parte di ogni fattore sono corrisposti anche livelli di volatilità molto diversi tra loro e non sempre eccellenti ritorni per unità di rischio.
Non vogliamo qui dire che gli Smart Beta sono negativi per l’investitore anzi, hanno introdotto una ventata di novità e di concorrenza ai classici fondi a gestione attiva in grado di portare l’industria del gestito a ragionare in modo approfondito sull’importanza dei costi. Pensare però che mettere insieme questi prodotti possa portare ad un portafoglio più efficiente è pura utopia.
Ogni scelta aumenta il grado di discrezionalità dell’investitore nella direzione del proprio investimento. Ogni strumento finanziario è utile se incastrato all’interno di una certo metodo di investimento. La diversificazione non è fatta di numeri di strumenti in portafoglio o di tanti stili di investimento diversi, è un qualcosa di più profondo che cerca di mettere insieme strumenti che necessariamente avranno passi di crescita diversi nel corso del tempo.
Anche se acquistare bond adesso può sembrare assurdo il loro fattore di protezione sarà utile quando il nostro investimento azionario soffrirà.
Per gli Smart Beta può valere lo stesso discorso. A piccole dosi possono stare in un portafoglio ma certamente non possono rappresentare altro che una cornice di una più articolata architettura di investimento in cui orizzonte temporale, obiettivo e rischio rappresenteranno la vostra unica guida.
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