Nell’articolo Pochi vincenti ma buoni, Pareto docet abbiamo mostrato come il 20% delle azioni americane è stato responsabile del 80% della performance finale dell’indice tra il 1989 e il 2015.. A rafforzare un concetto che dovrebbe convincere ogni investitore circa la bontà della diversificazione (e l’utopia del market timing e dello stock picking fai da te) un bel grafico pubblicato dalla banca americana Wells Fargo.
Privarsi in ogni trimestre dal 1985 al 2015 delle prime 10 azioni per performance dell’indice americano più completo e diversificato, il Russell 3000 (quindi lo 0,33% del totale delle società quotate), ha generato una sottoperformance media dal 1985 del 2% rispetto all’indice stesso.
Se a questo aggiungiamo il costo dei prodotti utilizzati per replicare il parametro di riferimento e poi gli errori comportamentali di ogni singolo investitore, il gap rischia di essere molto più ampio.
Non conoscendo le performance dei prossimi anni, possiamo però evitare di adottare comportamenti dannosi per la salute del nostro portafoglio.
L’asset allocation è fondamentale, ma quando scegliamo i componenti che vanno a creare il mosaico, cercare di personalizzare troppo il quadro in termini di tempi, gestori, tattiche di breve periodo e altro ancora, rischia di creare una specie di rumore di fondo capace di farvi deviare dalla traiettoria ideale.
Così andrà a finire che cercherete di incolpare qualcuno o qualcosa per rendimenti che non soddisfano le vostre aspettative, attese magari gonfiate in partenza dal solito effetto di basarsi sui dati del passato e non su numeri che sarebbe ragionevolmente attendersi sulla base delle informazioni che ogni giorno il mercato trasmette a ogni investitore.
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