By |Categorie: Investimento|Pubblicato il: 31 Ottobre, 2022|

La pazienza è una di quelle virtù che nel mondo della finanza non sempre è facile trovare. C’è chi salta da un investimento all’altro alla ricerca dell’onda perfetta per giustificare la sua capacità di battere il mercato; chi per guadagnare e giustificare il prezzo del servizio reso deve far muovere il più possibile gli investitori dalla loro staticità; chi per mestiere deve pubblicare spesso inutili notizie sfornate ogni minuto per attirare tanti clic; il rumorino fastidioso di cui ho parlato nell’articolo di venerdì.

La pazienza è merce sempre più rara. E pregiata per chi riesci a mantenerla in annate come il 2022.

2022, anno in cui è stato facile perdere la pazienza

Praticamente tutti gli investitori nell’ultimo anno hanno visto “evaporare” quel ricco guadagno sugli investimenti azionari portato a casa nel 2021. E che dire di quegli investimenti obbligazionari che, dopo anni passati alla ricerca spasmodica dello zero virgola di rendimento, in pochi mesi hanno visto “devastato” il capitale pazientemente accumulato.

Il 2021 era stato messo in archivio con un esaltante +32% per chi aveva investito in azioni globali quotate in euro.

I 100 mila euro investiti il 31.12.2020 in piena pandemia erano diventati 132mila. Fiduciosi guardavamo al futuro di un mondo che presto sarebbe uscito da una situazione assurda che per settimane aveva bloccato l’umanità in casa. Esaltati sognavamo già di vivere di rendita, magari dopo un altro anno con questo passo di carica.

Il mercato obbligazionario aveva rallentato la sua corsa secolare, offrendo un risicatissimo 1% di performance a investitori prudenti veri o presunti e alla disperata ricerca di quel rendimento che il mondo del reddito fisso sembrava disposto a non offrire più. Gli economisti predicavano tassi e inflazione bassi per chissà quanto ancora grazie all’effetto calmierante di demografia, globalizzazione e tecnologia.

Le performance di un intero lustro per un portafoglio bilanciato tra azioni e obbligazioni 50/50, viaggiava al ritmo di 10% all’anno. Eravamo abituati a guardare con occhi sognanti e un po’ avidi la valorizzazione del deposito titoli.

Oggi, quasi un anno dopo, quel mondo sembra scomparso.

Il risveglio da un bel sogno

Abbiamo continuato a sognare nei mesi successivi, ci mancherebbe, ma piano piano le certezze si sono sgretolate.

Prima abbiamo pensato a una semplice correzione di mercato; tanto si sarebbe ripartiti alla grande ci veniva detto.

Poi è arrivata la guerra e abbiamo preso atto dell’arrivo di un mercato orso. Tutto normale, un -20% e poi si riparte.

Il mercato invece è scivolato ancora più giù senza accennare a reazioni concrete in un pessimismo dilagante, ma forse non ancora da capitolazione assoluta.

I segni verdi si sono dileguati lasciando spazio ai segni rossi, almeno per chi negli ultimi mesi ha investito i propri risparmi.

Se siamo tra quelli entrati di recente sui mercati finanziari guardiamo oggi sconsolati l’erosione del nostro capitale e, sfiduciati, rimpiangiamo di non aver aspettato a compiere quella maledetta scelta di investire.

Se siamo invece tra coloro che hanno investito i risparmi da diversi anni, probabilmente non avremo tanti segni rossi (a meno che non abbiamo agito da battitori liberi o acquistato prodotti molto costosi e poco diversificati), ma rimpiangiamo di non essere usciti prima della tempesta.

Per tutte e due le casistiche abbiamo la tentazione di agire. Per fare qualcosa, per evitare di essere massacrati ancora nei prossimi mesi.

La tentazione (sbagliata) di voler agire a tutti i costi

Cominciamo a pensare che tutti quei bei discorsi di crescita nel lungo periodo dei mercati azionari rappresentano l’ennesima storiella raccontata da consulenti desiderosi di vendere prodotti con commissioni elevate. Oppure una fiaba messa in giro per fregarci i sudati risparmi di una vita. Ecco la prova che non è vero nulla dirà qualcuno. Un complotto per trasferire ricchezza dai poveri investitori male informati a rapaci finanzieri senza scrupoli.

Troviamo un po’ di conforto pensando che nel 2022 praticamente nessuno ha guadagnato soldi. Il 93% delle classi di investimento ha perso soldi. La Schadenfreude, il godere delle disgrazie altrui, dura però fino al prossimo -3% dell’S&P500 visto che siamo anche noi nella stessa barca.

Fonte: Blackrock – Student of the Market settembre 2022

La nostra pazienza è sempre più messa a dura prova. Fino a quando, inquieti, molliamo tutto e decidiamo di comprare quel bel BTP che rende quasi il 5%. Magari con un portafoglio investimenti già pieno di buoni postali, certificati emessi da banche italiane o polizze di ramo primo dove il rischio Italia non è certo mignon.

Meglio vendere tutto e aspettare che torni il sereno

Sicuramente il ritorno della competitività di rendimento delle obbligazioni è la novità degli ultimi mesi.

Il reddito fisso è una facile sponda per azionisti impauriti, oppure per investitori indecisi. Ma poi riflettiamo e… accidenti anche qui quest’anno si arriva a perdere fino al 20% sul prezzo dei titoli.

Allora meglio vendere tutto e aspettare che la tempesta passi. Quante volte ho sentito questi discorsi negli ultimi 20 e passa anni. E quante volte si è rivelata una scelta sbagliata.

Così, per l’ennesima volta, perdiamo la pazienza e vendiamo in perdita, oppure con un guadagno decisamente più basso rispetto a quello che avevamo ad inizio anno.

Lì per lì la cosa ci fa stare bene, ma abbiamo completamente perso di vista il perché stavamo investendo denaro.

Non certo per puro divertimento. Ma per avere più soldi di quelli che abbiamo ora. Per garantirci una vecchiaia serena, per assicurare un futuro migliore ai figli, o semplicemente per staccare la spina dal mondo del lavoro prima possibile. Insomma per raggiungere degli obiettivi.

Chiediamoci in questi momenti perché investiamo denaro

Se i soldi necessari per raggiungere gli obiettivi fossero già oggi disponibile nel nostro conto corrente bancario non avremmo bisogno di investire. E quindi o lavoriamo (e guadagniamo di  più), o risparmiamo di più, oppure solo con la pratica dell’investimento agguanteremo l’obiettivo.

Noi, che ci definiamo esperti del mondo della finanza, ci mettiamo del nostro. Spesso ce la suoniamo e ce la raccontiamo facendo capriole assurde anche fuori argomento. Inventiamo temi “secolari” avendo vissuto appena mezzo secolo di vita, oppure da moderni scopritori del Sacro Graal raccontiamo di tecniche di gestione degli investimenti uniche e redditizie.

Ma alla fine quello che conta per un piccolo investitore è non perdere soldi. Tutto il resto, quando la pazienza è stata definitivamente persa, è fastidioso rumore di sottofondo.

Passa il tempo ma i comportamenti delle persone si ripetono

Ho lavorato per oltre 20 anni a contatto con clienti e investitori istituzionali. Scrivo di finanza personale da 8 anni. E tutte le volte i comportamenti delle persone si ripetono. Quello che cambia è il palcoscenico, la densità del fumo attorno all’arrosto, i mezzi di comunicazione, le facce degli attori in campo.

Eppure gli investitori continuano a perdere la pazienza. E rovinano tutto dopo un’annata negativa come il 2022.

Personalmente ho sempre cercato di eclissarmi da fasi come queste osservando il passato inteso come evidenze statistiche. Non per cercare modelli grafici o comportamentali che si potrebbero ripetere. No, lo faccio per ricordare a me stesso che ambiente sto frequentando.

Un ambiente che negli ultimi 50 anni, 54 volte su 100 vive giornate al rialzo e 46 al ribasso. Un ambiente che un celebre guru di Wall Street, Stanley Druckenmiller di Duquesne Capital, ha definito di recente molto simile a quello vissuto dall’America tra il 1966 e il 1982. Quattordici anni di guadagni zero per le borse, anzi pardon di guadagni nominali del 80% (indice Dow Jones) diventati -40% in termini reali. Andò meglio a quei tempi al mercato obbligazionario con una perdita reale di “solo” l’11%. Non sempre le azioni fanno meglio delle obbligazioni, anche nel lungo periodo.

Ma pure in quegli anni l’ambiente era da 51% giornate in rialzo e 49% in ribasso. Non tanto diverso da quello di oggi o dell’ultimo mezzo secolo.

Fonte: Crestmont Research

Stanno tornando quegli anni come dice Druckenmiller? Non lo sappiamo e nemmeno lui lo sa, ma deve giustificare la sua fama di guru, di gestore di hedge fund.

Se il buon Stanley dicesse, tenete tutto in cash o investite al 100% in un ETF azionario globale, nessuno lo intervisterebbe la seconda volta. Sarebbe noioso e banale. Ma soprattutto non farebbe sognare evitando di dare risposta alla nostra impazienza.

Di decadi perse i mercati ne hanno viste diverse nella loro storia. Ed è normale che sia così.

Dopo una corsa a perdifiato non sentiamo tutti il bisogno di riposare un attimo cuore, polmoni e muscoli? La stessa cosa accade ai mercati. E, salvo eventi tragici che non auguro a nessuno, dopo una pausa ristoratrice la nostra corsa riparte. Quella dei mercati pure.

Il grafico del Dow Jones indica che stiamo vivendo una fase non così rara di “euforia-depressione”. Passare da un guadagno generoso in 12 mesi superiore al 30% ad una perdita, sempre nel giro di un anno, accade più o meno un paio di volte a decade. Per quale motivo questa volta dovrebbe essere diverso?

Tutte le volte il passaggio dall’euforia alla depressione è stato velocissimo nei tempi.

Tutte le volte migliaia di investitori hanno perso la pazienza.

E tutto le volte è accaduto quello che il solito Warren Buffett ci ricorda.

“I mercati finanziari sono un formidabile strumento per trasferire ricchezza dagli impazienti ai pazienti”.

Non da piccoli investitori a avidi personaggi che ci guidano come burattini, ma da impazienti a pazienti. Ed evitiamo di ascoltare i pensieri complottisti che nascondono semplicemente ignoranza e insoddisfazione di persone alla ricerca disperata di visibilità.

Cosa è successo a chi ha perso la pazienza negli ultimi 50 anni

Chi ha perso la pazienza durante questo percorso, ha però perso per strada anche il 18550% di performance negli ultimi 50 anni di Dow Jones, l’11630% negli ultimi 40 anni, il 1875% negli ultimi 30 anni, il 510% negli ultimi 20 anni, il 210% negli ultimi 10 anni.

E le cose non cambiano sul mercato obbligazionario. 1840% di guadagno perso per strada in 50 anni di investimento su titoli di Stato americani, 770% in 40 anni, 215% in 30 anni, 60% in 20 anni, 10% in 10 anni.

Numeri positivi nonostante mercati continuamente in fase “yo-yo”.

E andando a scavare nelle statistiche di un altro indice molto conosciuto, quel Msci World che sintetizza le azioni globali e che ritroviamo come benchmark in tanti ETF, scopriamo che dal 1971 al 2021, nel 22% delle rilevazioni mensili, il bilancio annuale di un investimento azionario è stato negativo. Se la stessa sintesi statistica la facciamo su scala biennale,  scopriamo che il 16% del tempo l’indice lo passa in territorio negativo.

E due anni di perdita segano i nervi di molti investitori che si professano pazienti e con un orizzonte di lungo periodo.

Stiamo tornando oggi a visitare questo territorio, ma chissà perché siamo così impazienti con gli investimenti finanziari e pazienti con gli investimenti immobiliari.

L’impazienza non è uguale per tutte le asset class

Fonte: FRED

I prezzi nominali  di un immobile italiano oggi sono gli stessi del 2005 (vi risparmio quelli reali perché avete già avuto troppe cattive notizie in questi mesi).

Quante volte abbiamo venduto la casa negli ultimi 17 anni perché abbiamo perso la pazienza a causa di un valore che si sbriciolava anno dopo anno? Pochissime.

Pochissime perché, non conosciamo o non ci interessa oggi il suo reale valore di mercato. E se lo conosciamo non venderemo mai se non al prezzo di acquisto.

Perché siamo convinti che l’immobile è un investimento dalla rivalutazione sicura. Eppure i numeri dicono il contrario.

Perché non ammettiamo di aver fatto una scelta avventata in un momento di prezzi non troppo a buon mercato.

Tutte convinzioni ragionevoli, ma se sostituiamo alla parola immobili le parole azioni e obbligazioni, perché non deve valere lo stesso ragionamento? Perché non manteniamo la stessa dose di pazienza quando le cose vanno male?

Eppure azioni e obbligazioni sono quegli strumenti che dovrebbero garantirci in futuro la stessa tranquillità che garantisce oggi la nostra amata casetta.

E così, perdendo la pazienza, perdiamo non solo ricchezza futura, ma anche la possibilità di realizzare quei sogni che hanno accompagnato ogni singolo investimento negli anni in cui andava tutto bene. Riflettiamo bene prima di distruggerli per sempre.

Buon investimento.

2 Commenti

  1. Simone 31 Ottobre 2022 at 18:33 - Reply

    La pazienza è sicuramente una virtù.
    Se per la valorizzazione dell’equity andiamo sovente a fare i calcoli nel mercato USA forse anche per il Real Estate dovremmo guardare il mercato meglio performante che è la città di Milano. Non ho i dati ma da milanese percepisco un costante e continuo rialzo dei prezzi. E poi la domandona: perché in banca ci danno un finanziamento con ipoteca su un immobile anche di diversi milioni ma non ci danno un altrettanto finanziamento per comprare degli ETF / Azioni / ma manco i bond della stessa banca o della stessa Country ?
    Fa riflettere no?

    • Lorenzo Biagi 31 Ottobre 2022 at 19:01 - Reply

      Per quello che riguarda il paragone Milano – S&P500 non credo che possa essere un giusto metro di misura. La borsa americana pesa per circa il 60% del mercato azionario mondiale. Quello milanese ovviamente vale poco o nulla nel panorama mondiale ma se andiamo a vedere il suo peso sul mercato domestico non ha certamente una rilevanza per numeri di compravendite e valore pari al 60% del mercato italiano. Milano è sicuramente una città in costante evoluzione e progresso, i prezzi salgono come in altre zone di pregio di città italiane. Ma come non è giusto considerare solo New York per il mercato immobiliare americano, lo stesso si può dire di Milano.
      Sulla domandona, beh diciamo che esistono forme di credito già oggi che le banche erogano sulla base dei valori mobiliari posseduti dall’investitore e questa possiamo comunque considerarla una forma di finanziamento parziale ovviamente (come per i mutui). Naturalmente sono diversi tempi e natura dei due crediti, però anche i sottostanti sono diversi. Un conto è avere un’ipoteca su un immobile che magari cala di prezzo ma molto lentamente, un conto su un indice azionario che potrebbe perdere il 30% in un mese. Va bene il lungo periodo, ma le banche fanno bilancio ogni tre mesi…

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