E’ terminato da poco il 2018 ed i bilanci, famigliari o aziendali, rappresentano da sempre un momento di riflessione.
Come famiglie facciamo i conti con il quotidiano e capiamo quasi sempre che abbiamo speso troppo e risparmiato poco.
Partiamo con buoni propositi per il nuovo anno, ma poi ci perdiamo e regolarmente troviamo scuse per giustificare un conto economico poco soddisfacente.
Le aziende a loro volta redigono bilanci per capire se il business ha prodotto utili e giustificare nuovi investimenti, nuove assunzioni oltre che naturalmente compensi agli azionisti. In caso contrario si effettuano tagli di spesa (o lanci di nuovi prodotti) per rilanciare l’attività.
Alla stessa maniera siamo soliti su questo blog fare un bilancio dell’andamento dei mercati finanziari non dell’anno appena concluso, ampiamente pubblicizzato sui giornali o su internet, ma dell’ultima decade e dell’ultimo ventennio. Bilancio che serve sia a coloro che sono prossimi alla pensione, sia chi comincia ora un piano di investimento di lungo periodo.
Vogliamo capire se e quanto hanno guadagnato coloro che sono rimasti investiti in borsa o sul mercato obbligazionario nel cosiddetto lungo periodo.
Spesso e volentieri tendiamo a guardare nello specchietto retrovisore per fare scelte di investimento non sempre corrette (vedi scelta di prodotti o settori che hanno performato meglio negli ultimi 3-5 anni).
Allo stesso tempo in rete si leggono commenti di esperti del settore finanziario che utilizzano i numeri a loro uso e consumo per cercare di giustificare determinate scelte di investimento.
Noi preferiamo rimanere neutrali e fare considerazioni molto asciutte. Per questo possiamo dire che il 2018 chiude il ventennio più avaro di rendimenti per gli investitori dall’inizio degli anni 70 ad oggi.
Su internet si trovano tanti grafici che mostrano quanto ha reso la borsa negli ultimi 3 anni o 5 anni o 10 anni. Se anche io mostrassi un grafico come quello che vedete qui sotto potrei raccontarvi la favoletta che in borsa guadagnerete l’8/10% all’anno nella prossima decade con una semplice strategia di buy and hold.
Prima di tutto non lo so. Seconda cosa, come potete tranquillamente dedurre, ciò che il mercato ritornerà in futuro agli investitori potrà avere un range molto ampio.
Acquistare un indice Msci World 10 anni fa avrebbe generato un rendimento annuo composto rolling decennale del 9.9%! Bella roba, dirà qualcuno di voi ringalluzzito.
Ovviamente questo è il rendimento di un indice al quale dovrete sottrarre i costi di gestione e di acquisto dell’eventuale ETF o fondo, l’imposta di bollo e l’eventuale capital gain al realizzo dell’utile.
Comunque un bell’andare che permetterebbe a chiunque di vivere di rendita con un capitale risparmiato importante.
Questo andamento ha però un vizio di fondo. Prende come punto di partenza quel dicembre 2008 nel quale le borse stavano sprofondando sotto i colpi della crisi innescata dai mutui subprime. E’ un po’ come se facessimo un confronto tra una foto scattata la mattina appena svegli dopo una sbornia e la sera ben vestiti, pettinati e magari con un po’ di trucco correttivo.
Anche un mercato azionario che dalla crisi finanziaria non si è mai ripreso del tutto come quello europeo, assume un aspetto tutto sommato interessante su base decennale con un ritorno medio annuo del 6.6%.
Molto più semplice invece l’esercizio sul mercato obbligazionario dove i rendimenti attuali ci permettono fin da ora di avere una buona approssimazione del valore che estrarremo da questa tipologia di investimento.
Non a caso un indice total return obbligazionario mondiale a cambio aperto ha reso nell’ultima decade il 3.8% annuo (attenzione però che questo indice mantiene una duration relativamente costante nel tempo), valore non molto dissimile dal rendimento annuo realizzato nell’ultimo ventennio mantenendo investiti i propri soldi sul mercato mondiale dei bond (4% per anno). Un titolo di stato americano a 10 anni a fine 2008 rendeva poco meno del 3%, il titolo di stato tedesco stava poco sopra il 3%. La fase discendente dei rendimenti su scala mondiale ha fatto il resto generando un guadagno di prezzo degli asset obbligazionari in grado di aumentare il rendimento annuo.
Il mercato azionario è decisamente più imprevedibile sotto questo punto di vista.
Ma torniamo ai bilanci pluriannuali. Come vi ho detto in precedenza se la decade appena conclusa è stata esaltante per i motivi espressi sopra, il ventennio si sta rivelando piuttosto avaro di soddisfazioni per chi è rimasto investito in borsa.
Gli ultimi 20 anni incorporano infatti il crollo della bolla internet del 2000, il crollo della bolla immobiliare del 2008 e vari scossoni di assestamento tra cui quello del 2018.
Venti anni quindi non facili che hanno scosso i nervi degli investitori portati purtroppo a cercare di rincorrere timing di uscita o entrata sui mercati, prodotti gestiti da super guru oppure semplicemente rimanere fuori da tutto quanto rimanendo investiti in liquidità sotto i colpi del mangiatore giornaliero di soldi.
Ho detto 20 anni avari di soddisfazioni perché dall’azionario ci si aspettava di più. Ma nello stesso tempo 20 anni che hanno dimostrato come, nonostante tremende bordate assestate a questo tipo di investimento denigrato ed esaltato a seconda dei momenti storici, mettere soldi in azioni nel lungo periodo ripaga chi, con pazienza, ha deciso di scegliere questo tipo di investimento per far crescere il proprio capitale.
Ma QUANTO ha ripagato?
L’azionario mondiale espresso in valuta locale il 4.3% per anno
L’azionario europeo il 2.7% per anno
L’azionario americano il 5.5% per anno
Queste sono tutte performance total return (quindi comprensive dei dividendi reinvestiti), al lordo di costi, fiscalità e, dove esistente, rischio valutario che nel lungo periodo tende comunque ad essere molto annacquato.
Questi valori sono anche al lordo di inflazione e quindi nominali e non reali.
Vale perciò la pena ricordare come il mangiatore di soldi, alias l’inflazione, ha eroso una fetta non indifferente di questi rendimenti annuali. Il tasso di inflazione medio annuo nell’ultimo ventennio in Europa è stato del 1.7% per una erosione cumulata del potere d’acquisto del 40%.
Possiamo quindi dire che al netto di tutto quanto un investimento azionario negli ultimi 20 anni non ha perso soldi, ma in termini reali ha generato molto meno di quel famoso 6/8% sul quale si basano tante simulazioni di pianificatori previdenziali e fondi pensione.
A questo punto qualcuno di voi potrebbe essere scoraggiato. Altri saranno rimasti delusi. Altri ritroveranno in questi numeri la scusa per tenere i soldi sotto al materasso. Altri semplicemente capiranno in quale difficile momento si sta trovando l’economia mondiale.
Con queste informazioni avrete a disposizione un bel po’ di sano realismo con cui smontare chi accampa numeri assolutamente fuori da ogni ragione di esistere, numeri modellati per giustificare onorari magari un po’ troppo elevati considerando l’ambiente nel quale stiamo vivendo.
Per chi sta andando in pensione ora o per chi ha puntato su questo tipo di investimento per ritirarsi anticipatamente dal mondo del lavoro, queste performance sono indubbiamente deludenti. Le prospettive di crescita del capitale che riempivano le brochure di consulenti e promotori finanziari alla fine del secolo scorso sono andate deluse.
Per entrambi però, neo pensionati o risparmiatori in fase di accumulo, ora però viene il bello.
Già perché il capitale più o meno ampio che avete accumulato va gestito e su questo nutrirete delle aspettative di rendimento più o meno alte. Soprattutto su questo capitale la formuletta della capitalizzazione composta degli interessi comincerà a produrre effetti “esponenziali”.
Sapete che su questo blog cerchiamo di essere molto realisti ed in vari post abbiamo proprio parlato di questo argomento.
Per il sottoscritto l’aspetto positivo della vicenda è che già ora i mercati azionari stanno riducendo le proprie valutazioni in modo importante. Se da qui al 2020 la discesa dei prezzi dovesse continuare si creerebbero le premesse per ottenere numeri decisamente più ambiziosi in un ottica temporale allargata. Chi vorrà vivere di rendita fra qualche decina di anni non potrà che ringraziare.
Il vedere oggi i rendimenti ventennali ai minimi dagli anni 70 in parte è spiegato con il declino a livelli impensabili dei rendimenti obbligazionari (ed a parità di premio per il rischio azionario questo si traduce in performance meno generose per gli asset rischiosi), in parte dai terribili bear market visti dall’inizio del secolo, ma anche da un persistente calo della produttività a livello mondiale.
Se nel prossimo ventennio i tassi di interesse lentamente risaliranno, la tecnologia aumenterà la produttività, e le tossine dei mercati orsi verranno smaltite definitivamente, allora il bilancio potrà diventare per chi investe ora, molto, ma molto interessante per accumulare un bel gruzzoletto.
In caso contrario ci si dovrà accontentare cercando, come coloro che stanno ritirando ora i loro soldi investiti, di vedere il bicchiere mezzo pieno.
Il potere d’acquisto nel lungo periodo è stato tutelato e di soldi non se ne sono persi… nonostante tutto.
APPREZZO MOLTO IL VOSTRO LAVORO, VI CHIEDEREI SOLO LA CORTESIA DI CONSIDERARE CHE NOI SIAMO INVESTITORI EURO. tANTO E’ VERO CHE NEI PTF ARCHEO CONSIDERATE MOLTI PRODOTTI HEDGED
con riferimento al mercato dei bonds mondiale, il rischio cambio andrebbe considerato?
Tanta roba..as usual 😉
Bell’analisi, ma così dipinta mi sembra un po’ fuorviante.
E’ vero che negli ultimi 10 anni si sono visti dei rendimenti azionari scarsi
ma è anche vero che l’inflazione era quasi assente, se non negativa in alcuni casi.
Negli anni 80/90 i rendimenti azionari erano più generosi… ma l’inflazione galoppava
anche a due cifre.
Sono entrambi dati da prendere in considerazione per capire meglio il reale guadagno di un
investimaneto azionario.