By |Categorie: Educazione finanziaria, Investimento|Pubblicato il: 31 Marzo, 2023|

Meglio investire in un ETF obbligazionario oppure in una singola obbligazione? Un quesito ricorrente al quale abbiamo cominciato a dare risposta nella prima parte di questa mini serie dedicata a una questione che si è fatta scottante negli ultimi mesi quando, un repentino rialzo dei tassi di interesse, ha generato performance negative importanti sulla maggior parte degli strumenti obbligazionari gestiti.

In questo articolo cercheremo di mettere sul piatto i reali vantaggi di investire in ETF obbligazionari confrontandoli con i vantaggi di possedere una o più obbligazioni acquistate in autonomia. Sfatando anche alcuni falsi miti che circolano sul web.

I vantaggi degli ETF obbligazionari

L’acquisto di un ETF che investe in un paniere di obbligazioni offre una serie di vantaggi all’investitore spesso snobbati (perché quantificabili con difficoltà), ma decisivi nell’arrivare a definire oggettivamente se è meglio un’opzione rispetto all’altra. Vediamoli nel dettaglio.

Diversificazione

Il primo e più evidente vantaggio di un ETF è quello della diversificazione di emittenti ed emissioni.

Se prendiamo ad esempio un ETF che investe nelle obbligazioni mondiali aggregate (aggregate sta per bond statali e societari) scopriamo che sono oltre 10 mila i titoli compresi nel fondo.

Quindi, con una sola quota di ETF diversifichiamo il rischio su 10 mila titoli obbligazionari riducendo ai minimi termini i danni che potrebbe provocare il default su una singola obbligazione o emittente. Il fallimento di un’obbligazione su 10.000 è insignificante in termini statistici rispetto a 1 default su 100 o ancora peggio 10 obbligazioni. L’impatto è 100 oppure 1000 volte più importante per chi ha portafogli concentrati su pochi titoli.

Per compensare questo rischio l’obbligazionista fai da te tenderà ad alzare la qualità del portafoglio con emittenti più sicuri, ma in questo modo si abbasserà il rendimento potenziale.

I vantaggi dell’ETF non finiscono qui. Acquistando tanti titoli diversifichiamo anche il rischio di tasso, diventando possessori di obbligazioni che coprono tutto lo spettro delle possibili scadenze, dalle più corte alle più lunghe (che in situazioni di mercato ordinarie offrono rendimenti più elevati).

La diversificazione del rischio emittente, soprattutto nel mercato dei corporate bond, è fondamentale.

La questione è abbastanza tecnica, ma semplificando quando si verifica un cambiamento nel merito di credito di un emittente la variazione del prezzo è asimmetrica.  Dopo un evento di ribasso del rating (downgrade) la variazione del prezzo all’ingiù è più forte rispetto a quella all’insù che si otterrebbe in caso di rialzo del rating. Questo significa che per un investitore che possiede un bond emesso da un’azienda privata, un peggioramento del rating fa più danni di un miglioramento.

Costi

Il secondo vantaggio offerto dal possedere ETF è quello dei costi, un terreno dove spesso cade chi non conosce in modo approfondito il mondo obbligazionario.

È vero che un ETF ha un costo di gestione annuo che una singola obbligazione non ha. Questa spesa, tipicamente nell’ordine dello 0,1% del capitale investito, compensa però i costi decisamente più alti sostenuti da chi cerca di adottare una strategia simile a quella dell’ETF acquistando direttamente obbligazioni sul mercato.

La strategia più seguita dagli investitori fai da te è quella della “scala”, descritta in modo più analitico in questo articolo.

Sintetizzando, questa strategia prevede di sostituire continuamente i titoli in scadenza con nuovi titoli a durata più lunga in una sorta di rullo continuo.

I gestori di ETF obbligazionari hanno dei costi di esecuzione degli ordini enormemente più bassi di quelli sostenuti da un singolo investitore. Questo perché gli importi che entrano in gioco e le piattaforme sulle quali possono operare i gestori istituzionali sono diversi e più competitivi.

Fonte: Vanguard Research

Soprattutto su titoli con minore liquidità, come possono essere le obbligazioni societarie o quelle sovranazionali, il cosiddetto spread bid ask, ovvero la differenza tra quanto richiede chi vende e quanto offre chi acquista, assume valori percentuali anche superiori al 1/1,5%, diminuendo in modo considerevole solo per compravendite con taglio superiore ai 100 mila euro. A quel punto entriamo però nel girone di una concentrazione del rischio, mai consigliato per un investitore con capitali limitati.

Il taglio dei 100 mila euro è una discriminante notevole con la quale si sono sicuramente scontrati tanti investitori fai da te.

Premesso che nel tempo le emissioni obbligazionarie private con taglio minimo di acquisto da 1000 euro si sono molto ridotte (l’ultima emissione “retail” di una certa importanza è stata quella del green bond ENI), molto spesso questi bond che possono essere scambiati solo da istituzionali hanno l’importante caratteristiche di avere “carta” in circolazione per importi superiori ai 100 milioni di euro. Questa è garanzia di maggiore liquidità e quindi di minori spread bid ask all’atto della compravendita. Sarà molto più semplice trovare un compratore per l’obbligazione quando necessario.

Ad esempio un’obbligazione tripla A emessa da un ente sovranazionale come BEI a scadenza decennale, in una tipica giornata di borsa può arrivare ad avere spread tra denaro e lettera anche superiori al 2% sul Mot, la piattaforma di scambio delle obbligazioni italiana aperta anche ai piccoli investitori.

Questo significa un costo dello 0,2% all’anno che imbarcheremo già all’atto dell’acquisto, il doppio rispetto al costo di gestione di un ETF e comunque molto più elevato rispetto a quello sostenuto dagli istituzionali per titoli simili.

Naturalmente i costi di spread bid ask sono più ridotti (ma ci sono) anche per i gettonatissimi titoli di stato italiani. Praticamente gli unici che possono “schivare” questo onere di mercato con l’acquisto in fase di collocamento.

Poter accedere a emissioni obbligazionarie con taglio superiore ai 100 mila euro è anche sinonimo di offerta più ampia e rendimenti differenti, quasi sempre migliorativi.

Provate a cercare un’obbligazione di Intesa San Paolo oppure di Unicredit a tasso fisso senior (senior sta per il maggior grado di tutela per l’investitore) e troverete un’offerta molto scarsa con taglio minimo di acquisto da 1000 euro. Per la stessa scadenza dello stesso emittente, i rendimenti offerti da un’obbligazione scambiata da istituzionali con tagli minimi superiori ai 100 mila euro sono solitamente più elevati rispetto a quello offerti da obbligazioni con un taglio più contenuto.

L’accesso quindi a maggiori piattaforme, controparti, titoli, offre vantaggi impareggiabili in termini di maggiori rendimenti e minori costi. Vantaggi che solo un ETF può raggiungere e che nessun foglio di calcolo elettronico non può considerare durante una simulazione.

Liquidabilità dell’obbligazione

Ricordiamoci sempre che il costo della illiquidità di un titolo viene sostenuto sia in fase di acquisto che di vendita. Se quindi non siamo strasicuri di portare a scadenza la singola obbligazione (come nel caso della strategia della scala), lo svantaggio visto poco fa va moltiplicato per due.

Questo è un altro di quei valori che non viene mai riportato nei calcoli di chi cerca di far pendere la bilancia dalla parte della singola obbligazione.

Il poter vendere in ogni momento della nostra vita un titolo senza essere costretti a “svenderlo” per assenza di compratori è un fattore decisivo nel bilancio finale dell’operazione. E l’emergenza è un fattore che non possiamo mai escludere.

Facilità di reinvestimento di cedole e scadenze

Alzi la mano chi il giorno successivo l’incasso di una modesta cedola su un’obbligazione, ha prontamente reinvestito il denaro sulla stessa obbligazione.

Premesso che in caso di taglio minimo da 1000 euro servono cedole consistenti per poter ri-acquistare l’obbligazione (con relativi costi di negoziazione che incidono percentualmente tantissimo), e premesso che se non reinvestiamo la cedola il famoso “rendimento a scadenza” che abbiamo letto sul giornale al momento dell’acquisto non sarà quello ottenuto realmente dai nostri soldi (infatti questo vale solo se reinvestiamo puntualmente senza ritardo ogni cedola incassata), la gestione dei flussi di cassa non è semplice.

Anche ammettendo di avere a disposizione cedole quantitativamente importanti, il reinvestimento immediato delle stesse o del capitale derivante dalla scadenza di un’obbligazione difficilmente si trasforma in realtà. In gergo tecnico questo si chiama “cash drag”. Il periodo di tempo in cui la liquidità giace sul conto senza reinvestirla ai tassi di mercato genera un rendimento zero e quindi, per il solito principio del costo opportunità, è un costo aggiuntivo a nostro carico.

Costo molto limitato, al limite dell’inesistenza, su ETF (ad accumulazione naturalmente) con i gestori che ogni giorno reinvestono cedole e scadenze rendendo efficiente tutto il processo.

Flessibilità

Se per necessità varie dobbiamo smontare una parte dell’obbligazione per fare cassa, tutti i problemi visti sopra si presentano costringendoci a vendere ma con tagli minimi fissi da 1000 euro a quelle che sono le condizioni di mercato del momento. Se invece abbiamo bisogno di liquidare importi più bassi di 1000 euro o comunque più mirati, questo problema con l’ETF non si presenta. Potremo scegliere quante quote del fondo liquidare sul mercato e lasciare investito tutto il resto.

I vantaggi della singola obbligazione

Il principale vantaggio che offre la singola obbligazione è di natura psicologica, anche se in alcuni casi è consigliato utilizzare uno o più titoli acquistandoli direttamente sul mercato. Vedremo tra poco perché.

La sensazione di “controllo” sull’investimento compensa, nella mente di chi decide di possedere singoli titoli, quello che in gergo viene definito “control premium”.

La soddisfazione di controllare e possedere direttamente un titolo portando avanti ad esempio una strategia con scadenza a scala (laddering), compensa infatti i maggiori costi di transazione, la più bassa liquidità e il maggior rischio di concentrazione.  Questo premio mentale è naturalmente più alto sui titoli meno liquidi come le obbligazioni societarie o sovranazionali, più contenuto sui titoli di stato.

Dal punto di vista tecnico, e confrontando mele con mele, una strategia a scala che ogni volta sostituisce un titolo in scadenza con uno a scadenza più lunga è comparabile con quella sviluppata da un ETF. Il contro di qualche inefficienza operativa nel muoversi in autonomia sulle singole obbligazioni può essere compensato dal pro del completo controllo non solo del rendimento a scadenza, ma anche dei momenti temporali nei quali otterrò il rimborso del titolo e di conseguenza l’acquisto di una nuova obbligazione a più lunga scadenza. Un controllo che non abbiamo ad esempio con fondi e ETF dove il continuo ricircolo di titoli in ingresso e uscita rende ovviamente più instabile il suo valore ad una certa data precisa.

Un vantaggio emozionale e di stabilità offerto dalla singola obbligazione che però all’atto pratico non offre grand benefici economici se guardato nell’ottica dell’investitore di lungo periodo.

Se invece confrontiamo mele con pere, quindi una singola obbligazione che vogliamo portare a scadenza fuori da ogni strategia con un ETF a duration costante, è ovvio che la prima scelta risente meno delle variazione dei tassi di interesse. A parità di rischio di credito e di stabilità dei tassi di interesse con il progredire del tempo l’obbligazione è sempre meno rischiosa. Ma a quel punto dobbiamo anche essere onesti e ammettere che la nostra tolleranza per il rischio è cambiata, verso il basso.

Se non è così, e quindi la nostra tolleranza per il rischio è invariata, stiamo accettando un rendimento atteso probabilmente più basso (oppure stiamo facendo gestione attiva sulla duration).

In caso di orizzonte temporale inferiore alla duration media del fondo/ETF scelto, quello specifico prodotto gestito non è da considerare la scelta ottimale. O si cambia strumento oppure si va su obbligazioni di alta qualità che rispettano la scadenza di un obiettivo che richiede certezze.

Un altro degli errori più comuni che fa chi sposa senza indugio la tesi “meglio la singola obbligazione dell’ETF” è quello di considerare la duration media di un portafoglio in ETF come un vincolo dannoso per l’investimento.

Una critica frequente è la seguente. Il gestore di un ETF con duration ad esempio di 7, a un certo punto dell’esistenza di un’obbligazione che arriva a 6-7 anni dalla sua scadenza sarebbe costretto a venderla. Non è così.

Basta andare a leggere (lo so è faticoso) un prospetto di uno qualsiasi degli ETF obbligazionari per capire che il gestore, non sempre ma quasi, arriva fino alla porta di ingresso della scadenza del titolo in portafoglio. Essendo un portafoglio aggregato composto da titoli con diverse scadenze, nella maggior parte dei casi il gestore aspetterà il rimborso del titolo oppure potrà vendere l’obbligazione quando avrà poco più di un anno di vita residua; mantenerla oltre potrebbe infatti rivelarsi inefficiente oppure contro il regolamento dell’ETF.

A quel punto la perdita di prezzo sarà quasi completamente riassorbita. Quasi non accontenta chi, giustamente, vuole evitare una situazione dipendente da dinamica dei tassi di mercato e l’immancabile fortuna.

Fonte: iShares

In questo caso è sempre opportuno andarsi a spulciare un pò di documentazione per capire come si comporta il gestore e spesso il falso mito che circola  sul web della liquidazione forzata dei bond da parte del gestore viene smontato selezionando l’ETF giusto. Vediamo due casistiche tipiche.

Sfruttando l’assoluta trasparenza degli ETF “entriamo” nel portafoglio dell’ETF iShares € Government Bond che investe in titoli di stato europei. Scopriamo che ci sono titoli con scadenze molto ravvicinate e di poco superiori all’anno di vita. In questo caso il gestore sembrerebbe adottare la tecnica della vendita in anticipo di un anno sulla scadenza per ricomprare obbligazioni con rendimenti più elevati (se ovviamente il mercato si è mosso in quella direzione). Un processo che non ci offre la certezza del rimborso integrale del bond a scadenza.

Fonte: iShares

Se entriamo però nel portafoglio di un altro ETF, ad esempio iShares Global Aggregate Bond, ci accorgiamo che le scadenze entro un mese da oggi abbondano. In questo caso il gestore porterà a scadenza i titoli acquistando al posto nostro obbligazioni con rendimenti più elevati se stiamo naturalmente vivendo una fase di rialzo dei tassi.

Fonte: iShares

 

Non è quindi vero che tutti i gestori di ETF sono “costretti” a vendere obbligazioni in perdita come in annate come il 2022 con scadenze residue ancora lontane. Dipende da alcune caratteristiche regolamentari che vanno analizzate in fase di selezione dello strumento.

Naturalmente se l’investitore vende in anticipo per paura o necessità, il passaggio delle nostre quote a quelle di un altro investitore comporterà per lo stesso investitore una perdita se prevarrà in quel momento il segno meno nella performance dell’ETF dall’acquisto. Ma la stessa perdita si avrebbe anche con un titolo singolo a duration simile se venduto prima della scadenza.

Quello che si sente raccontare spesso sul web circa l’obbligo per il gestore di vendere in perdita le obbligazioni, è la casistica “certa” di quegli ETF, sconsigliati in quanto riservati prevalentemente a chi fa trading sulla curva dei rendimenti, che hanno vincoli di scadenze come indicato dal prospetto.

Ad esempio l’ETF che nella descrizione presenta il range scadenza 7-10 anni fa questo lavoro. I problemi di vendere in perdita possono colpire (qui sì) l’investitore dell’ETF, costretto a liquidare il bond arrivato a 7 anni meno un giorno dalla scadenza per acquistare scadenze a 10 anni. Ma non è questo il caso della maggior parte degli ETF obbligazionari e soprattutto non è il caso di quelli che servono veramente ad un investitore.

Fonte: iShares

Gli ETF obbligazionari funzionano in uno scenario di rialzo dei tassi?

Il falso mito della preferenza per l’obbligazione mantenuta fino a scadenza è tornato fuori, non eravamo più abituati, dopo una stagione di rialzo dei tassi.

Se dal punto di vista operativo abbiamo visto che non è questo un tema, anche dal punto di vista finanziario mantenere un titolo fino a scadenza (ipotizziamo 15 anni) incassando le cedole ad esempio del 2%,  non è molto diverso dal vendere un titolo in perdita al prezzo di 77 acquistandone un altro con cedola più elevata, ad esempio del 4%.

I più pignoli, giustamente, potranno obiettare che se quei 23 euro di differenza tra 100 e 77, non avendoli  in cassa, ci costringeranno a indebitarci per acquistare l’obbligazione; oppure dovremo usare le cedole incassate in precedenza e non reinvestite. Osservazioni corretta.

Se fosse però vero che mantenere un titolo a scadenza è vincente in un ambiente di rialzo dei tassi, allora in una fase di ribasso dei tassi dovrebbe essere vincente venderlo prima della scadenza incassando la plusvalenza per acquistarne un altro.

In questo caso la gestione attiva sarebbe vincente rispetto al compra e tieni.

In 30 e passa anni di mercato favorevole alle obbligazioni (e tassi calanti) questa strategia non mi risulta essere stata sistematicamente applicata (con successo) nella comunità finanziaria.

Sfruttare le obbligazioni per compensare le minusvalenze

Acquistare la singola obbligazione può avere però anche dei vantaggi pratici che vanno oltre l’aspetto psicologico o della certezza dei flussi. Ad esempio può essere molto utile per l’ottimizzazione fiscale degli investimenti, una pratica che negli ultimi tempi abbiamo suggerito con soddisfazione a molti dei nostri clienti.

Non essendo possibile in Italia compensare plusvalenze con minusvalenze attraverso gli ETF, acquistando titoli obbligazionari direttamente sul mercato con prezzo sotto la pari (ne esistono diversi con cedole attorno a 0% e quindi con prezzi molto lontani da 100), alla scadenza dell’obbligazione sarà possibile compensare  il plusvalore di prezzo (un’obbligazione ordinaria rimborsa solitamente a 100) con le minusvalenze che abbiamo accumulato negli anni passati su altri investimenti. Un vantaggio che ovviamente è sfruttabile con obbligazioni che hanno una scadenza che non va oltre i canonici quattro anni di durata del credito di imposta concesso dallo stato.

Altro vantaggio che offre l’obbligazione acquistata in autonomia è la sostanziale sicurezza e aderenza alla possibilità di completare una spesa preventivata in precedenza. Il tipico caso dell’acquisto dell’automobile entro n anni, oppure di una ristrutturazione della casa.

In questo caso la “ragionevole” certezza del capitale rimborsato ad una certa data, e quindi il reale controllo sull’esito dell’investimento, è preferibile rispetto all’incertezza del prezzo di vendita di un ETF in un arco temporale breve.

La soluzione di ripiego, se si vuole rimanere nel mondo gestito, è quella dei fondi monetari di cui abbiamo parlato in questo recente articolo.

Ricapitolando.

Pro di un ETF obbligazionario

  • Diversificazione su numero maggiore di titoli e emittenti
  • Minori costi di spread bid-ask
  • Gestione efficiente di cedole e scadenze evitando periodi di latenza della liquidità
  • Accesso del gestore a piattaforme di scambio più liquide ed efficienti
  • Maggiore disponibilità di titoli negoziabili
  • Tagli minimi di acquisto di 1 quota
  • Rimborsi parziali più semplici ed efficienti
  • Liquidità dello strumento superiore
  • Rischio e rendimento atteso rimangono allineati

Contro di un ETF obbligazionario

  • Incertezza nella definizione del valore di rimborso per obiettivo di spesa di breve periodo
  • Assenza di controllo sull’intero processo di investimento e disinvestimento delle obbligazioni
  • Mancanza di compensazione minusvalenze pregresse
  • Non viene ridotta, con il progredire del tempo la sensibilità dell’obbligazione, quindi il rischio ai tassi di interesse. Se la strategia è quella di ridurre progressivamente il rischio (quindi il rendimento atteso) l’ETF a duration costante non è la scelta migliore
  • Per alcuni ETF possibili rischi di perdita/guadagno causa vendita forzata di obbligazioni prima della scadenza da parte del gestore.
  • Nei casi di orizzonte temporale in costante riduzione (ad esempio decumulo in pensione) può essere opportuno utilizzare una strategia ibrida con obbligazioni singole e ETF per diminuire l’incertezza dei flussi di cassa.

Leggi anche: Obbligazione vs ETF: qual è la scelta migliore? (parte I)

9 Commenti

  1. Vincenzo 3 Maggio 2023 at 08:26 - Reply

    Buongiorno, come ho già avuto modo di suggerire in un altro commento, come mai non prendete in considerazione i Certificates? Ci sono alcuni prodotti, acquistabili praticamente a zero commissioni, che hanno come sottostante un titolo (es. ENI) e di fatto diventano una alternativa all’obbligazione, ma con cedole talvolta (anche se di poco) superiori ma soprattutto con l’efficienza fiscale di poter scaricare le minusvalenze anche sulle cedole periodiche. Sarebbe bello leggere il vostro parere da esperti del settore. Grazie per gli spunti, sempre pregevoli e ben redatti. Saluti.

  2. Erreffe 7 Aprile 2023 at 15:31 - Reply

    Anche se non posso essere più presente con la stessa frequenza (ovviamente con mio enorme dispiacere), ci tengo a complimentarmi con tutti e in particolare col mio amico AW per queste continue perle di saggezza (non solo finanziaria), che vado comunque sempre a recuperare, magari con qualche settimana di ritardo, ma ti assicuro che non ne perdo una. Approfitto ovviamente per farti/vi i migliori auguri di una serena Pasqua/buone feste, famiglie comprese. Alla prossima, sempre con lo stesso immutato interesse, entusiasmo e voglia di migliorare del primo articolo letto su questo fantastico sito.

    • Lorenzo Biagi 7 Aprile 2023 at 15:51 - Reply

      Possiamo comunque dire che queste parole scritte in digitale rimangono disponibili 24h al giorno per tutti. Quindi caro Erreffe, con i tuoi tempi, noi siamo qua -)
      Grazie come sempre per la splendida “recensione”. Tutto il team di ICSB contraccambia gli auguri a te e famiglia approfittando per allargarli a tutti i lettori.
      AW

  3. Davide 1 Aprile 2023 at 13:26 - Reply

    Grazie per l ottimo articolo…ma quindi il gestore del classico etf obbligazionario “su tutte le scadenze ” che attualmente ha una duration di circa 7/8 anni potrebbe teoricamente anche decidere di alzarla o abbassarla a piacimento facendo una specie di gestione attiva?

    • Lorenzo Biagi 1 Aprile 2023 at 13:36 - Reply

      Grazie a te.
      No, il gestore di un ETF non può fare gestione attiva, può solo ribilanciare. Ma dovrà, questo sì, adeguare la duration dell’ETF a quella dell’indice di riferimento sottostante che cambia con il mutare dei tassi di interesse.
      La duration media è sempre inferiore (tranne nei casi di tassi negativi) alla scadenza media delle obbligazioni contenute nell’indice.
      In fase di tassi molto bassi gli indici hanno duration medie più lunghe perché le cedole sono modeste. In questo caso la duration sarà a sua volta molto vicina alla scadenza media perché incassando cedole dello 0-1% per arrivare a recuperare almeno il capitale investito servirà un pò più di tempo rispetto a casi (come oggi) dove i tassi sono più alti.
      In questo caso incassando cedole ad esempio del 3%-4% il recupero del capitale investito arriverà prima temporalmente parlando e quindi la duration di portafoglio sarà più ridotta rispetto al caso precedente.

  4. Luciano 31 Marzo 2023 at 21:55 - Reply

    Buonasera. Complimenti per l’esauriente spiegazione, davvero utile. Chiedevo se potete indicare dove trovare l’elenco dei titoli detenuti in portafoglio, ordinati per scadenza, (come da prospetto soprariportato) che non riesco a recuperare.
    Grazie

    • Lorenzo Biagi 31 Marzo 2023 at 23:09 - Reply

      Buonasera e siamo contenti se l’articolo è riuscito a spiegare in modo esauriente questi concetti che spesso sono fonte di quesiti da parte di molti investitori.
      Per quello che riguarda l’elenco dei titoli in portafoglio ogni gestore ha, nella pagina dedicata ad uno specifico ETF, una sezione dedicata alla documentazione a supporto tra cui un file di excel che contiene la lista dei titoli in portafoglio. Nello specifico dell’ETF di iShares dell’esempio https://www.ishares.com/it/investitore-privato/it/prodotti/291770/ishares-core-global-aggregate-bond-ucits-etf in alto a destra troverà di fianco a due pdf (KID e scheda mensile) un file excel “scarica”. Facendo un download si aprirà un file di excel dove manualmente sarà necessario ordinare la colonna scadenza dalla più vicina alla più lontana. Altri gestori posizionano questi file sempre nella scheda del ETF ma in posizioni diverse. Ma comunque la procedura è sempre quella. Download del file excel e ordinamento.

  5. Saltomentale 31 Marzo 2023 at 10:58 - Reply

    Mini serie utilissima, grazie!
    Finalmente ho una risorsa cui indirizzare chi si poneva il dubbio (in tanti) 🎉

    • Lorenzo Biagi 31 Marzo 2023 at 11:06 - Reply

      Grazie! Come spesso accade in finanza non c’è mai un solo vincitore. Serve un pò di analisi degli strumenti, ma anche di consapevolezza di quello che è il proprio orizzonte temporale di investimento per trovare la soluzione migliore. E se ti vengono in mente altri dubbi, fammi sapere -)

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